La rivista scientifica pubblica un’analisi molto dura in cui ripercorre tutte le vicende già note sulle prime settimane di pandemia: "La decisione di non creare la zona rossa ad Alzano e Nembro da parte del governo e di Regione Lombardia viene vista come direttamente responsabile della diffusione dell’infezione in altre città attraverso la provincia di Bergamo e poi in tutta Europa"
“La popolazione lombarda fu scossa dagli eventi e dall’inconsistenza delle misure di salute pubblica e di quella delle autorità governative insieme a quella di un piano pandemico obsoleto e non aggiornato”. E’ uno dei passaggi di un’analisi molto dura pubblicata sulla rivista scientifica ‘The Lancet‘. Titolo: “Riconoscere gli errori dell’Italia nella risposta a Covid-19″. Secondo quanto riportano i ricercatori, “la decisione di non creare la zona rossa ad Alzano e Nembro da parte del governo e di Regione Lombardia quando la presenza del Covid-19 fu diagnosticata in alcune persone alla fine di febbraio 2020, viene vista come direttamente responsabile della diffusione dell’infezione in altre città attraverso la provincia di Bergamo (in modo particolare la Val Seriana) e poi in tutta Europa”.
La domanda che viene posta è: “In che modo una diversa risposta di salute pubblica avrebbe potuto fermare l’epidemia di Covid-19 nella provincia di Bergamo, diventata famosa nella primavera del 2020 per i cadaveri accatastati in ospedali, chiese e cimiteri e trasportati con camion militari ai crematori?”. Il breve articolo, pubblicato nella sezione ‘Correspondence‘, ripercorre tutte le vicende già note sulle prime settimane di pandemia. È firmato da Chiara Alfieri, Laboratoire Population, Environnement, Démographie dell’Institut de Recherche pour le Développement, Università di Aix-Marseille, Marsiglia, Francia, insieme ai colleghi Marc Egrot, Alice Desclaux e Kelley Sams, anche di altri atenei francesi, per conto del programma Comescov (Confinement et mesures sanitaires visant à limiter la transmission du Covid-19).
Dalla zona rossa al piano pandemico, vengono elencati i nodi critici della prima drammatica ondata pandemica. L’Istat “ha definito gli eventi una terza guerra mondiale“, ripercorrono gli autori che ricordano sia all’inizio dell’articolo che nella conclusione l’operato dell’Associazione ‘Sereni e sempre uniti’ che il 2 novembre 2021 ha manifestato a Roma contro quella che nel testo viene definita “omertà istituzionale” e per l’istituzione di “una Commissione parlamentare” con il compito di “esaminare la gestione dell’epidemia. Questo evento ha fatto seguito a 520 denunce che erano state presentate dall’associazione 4 mesi prima contro il governo nazionale, il ministero della Salute e gli amministratori della Regione Lombardia”.
Per comprendere, prosegue l’analisi pubblicata su Lancet, “è necessario esaminare l’inizio della pandemia in Lombardia. I cittadini lombardi “si sono confrontati con l’orrore: i loro cari che morivano in casa senza cure e soli in ospedale, la scarsità di ossigeno e respiratori, la confusione nell’identificazione dei corpi cremati“, elencano gli autori. “Per reazione – continuano – la società civile bergamasca si è organizzata in un movimento che chiede giustizia. Gli obiettivi dell’Associazione Sereni sono ottenere verità, giustizia, riparazione e dignità e offrire supporto emotivo in risposta al dolore, alla confusione e al risentimento per le famiglie dei defunti e per la comunità più ampia. Molti politici e attivisti cittadini hanno gravitato intorno al movimento”.
Gli autori dell’articolo fanno notare come “la ricerca transdisciplinare produce evidenze sulle azioni delle associazioni della società civile, come l’Associazione Sereni”. “Questa evidenza è fondamentale per le istituzioni per identificare e affrontare gli errori nella risposta della salute pubblica – concludono gli esperti – che è necessaria per supportare le comunità a prepararsi per future minacce infettive, come raccomandato dalla Community Preparedness Unit dell’Oms”.
“Quello di The Lancet è uno straordinario riconoscimento istituzionale che corona un lavoro certosino di ricerca documentale fatto negli ultimi due anni, ma è soprattutto un riconoscimento per quei cittadini che hanno deciso di portare in giudizio le istituzioni per fare in modo che si assumano le responsabilità di quanto avrebbero dovuto fare e non hanno fatto a scapito della vita di migliaia di persone che oggi potrebbero essere ancora tra noi“, dichiara l’avvocato dei familiari delle vittime, Consuelo Locati.