Il occasione del suo nuovo album Underwater, il compositore si è raccontato a La Stampa: musica che "che contiene nel Dna un certo distacco dalla terra, nonostante si nutra di sentimenti molto umani. Vola in alto. O, se preferisce, sott' acqua. Ho una natura abbastanza astratta..."
Si chiama Underwater il nuovo album di Ludovico Einaudi. Esce per Decca e sono 12 tracce nate durante il lockdown: “Avevo appena finito un lungo tour in Asia e in Australia e stavo passando una vacanza con la mia famiglia in montagna. Siamo rimasti isolati, lì e poi nelle Langhe. Ma era una situazione che conoscevo già: in un certo senso, per il mio album precedente mi ero creato un autolockdown, fatto di passeggiate e del desiderio di scomparire nella tormenta…. Nel 2020 non ce n’è stato bisogno, perché a fermarsi è stato tutto il mondo. La mia testa ha cominciato a ossigenarsi, a liberarsi da quello che la opprimeva: in qualche modo, è stato come entrare in un paradiso terrestre. E intanto arrivavano notizie curiose. I pesci che tornavano in laguna, l’inquinamento che diminuiva nelle città: tanto da far pensare che, in fondo, basterebbe consumare di meno”. Musica che “porta in un’altra dimensione”, spiega ancora il compositore a La Stampa, “che contiene nel Dna un certo distacco dalla terra, nonostante si nutra di sentimenti molto umani. Vola in alto. O, se preferisce, sott’ acqua. Ho una natura abbastanza astratta…”. Qualche parola sulla ‘ripresa’ del rock con gli italiani Maneskin: “Apprezzo la professionalità e la presenza scenica dei Maneskin, ma temo di conoscere, del loro lavoro, soltanto le cover. Mi pare che si rapportino a uno stile molto codificato, che insomma non si applichino alle novità. Io, invece, mi concentro su una scrittura originale, che tende a rinnovarsi continuamente”.