La Farnesina è stato il suo habitat naturale per 35 anni. Ne è uscita solo 8 mesi fa, quando Mario Draghi l’ha nominata al vertice dei servizi segreti con il ruolo di capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis). E proprio le sue abilità diplomatiche le sono valse, nel corso di tutti questi anni, il rispetto e i riconoscimenti di diverse famiglie politiche. Per questo, se si parla di Elisabetta Belloni come di una candidata papabile per la corsa al Quirinale ci si sta riferendo a un nome che potrebbe ricevere l’appoggio di tutti i partiti. Un nome non “divisivo”, come invece lo sono altri che, proprio per questo, rischiano di vedere sfumare le proprie ambizioni di salire al Colle.
Lo testimonia la sua carriera. Belloni, che oggi ha 63 anni, ha servito in ruoli di spicco della diplomazia italiana sotto governi di centrodestra e di centrosinistra, più o meno moderati. Dopo la laurea in Scienze Politiche conseguita nel 1982 alla Luiss di Roma, inizia presto la sua carriera diplomatica alla Farnesina, presso la Direzione generale degli Affari Politici, ma solo un anno dopo volerà prima a Vienna e poi a Bratislava, dove rimarrà fino al 1999. Quell’anno si conclude anche la sua lontananza dalla Capitale e Belloni tornerà lì dove la sua carriera conoscerà una continua progressione che continua ancora oggi: al ministero degli Esteri. Qui, da funzionario, Belloni preparerà la sua ascesa ai vertici della diplomazia italiana, ricoprendo i ruoli di capo della segreteria della Direzione per i Paesi dell’Europa, capo dell’Ufficio per i Paesi dell’Europa centro-orientale e capo della segreteria del Sottosegretario di Stato agli Esteri.
Ma è nel 2004 che avviene il salto di qualità e il primo vero incontro con la politica. E a valorizzare per primo il suo curriculum sarà il governo Berlusconi II. È con l’allora ministro degli Esteri, Franco Frattini, che Belloni sarà infatti nominata Capo dell’Unità di Crisi della Farnesina. Un ruolo nel quale si troverà a dover gestire anche dossier molto delicati, come il rapimento di cittadini italiani in Iraq e in Afghanistan o il coordinamento delle ricerche dopo lo tsunami in Thailandia. Nel corso del suo mandato, nel 2007, fu anche insignita dalla Francia dell’onorificenza di cavaliere della Legion d’onore. All’Unità di Crisi rimarrà fino al 2008, anche sotto il governo Prodi II, fino a quando sempre il ministro Frattini la nominerà direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo.
Non solo del centrodestra, però, sono figlie le sue promozioni. Perché nel 2013 sarà un governo tecnico, quello allora dimissionario guidato da Mario Monti, con Giulio Terzi di Sant’Agata come ministro degli Esteri, a spostarla nel ruolo di direttore generale per le Risorse e l’Innovazione.
Il salto di qualità, anche nei rapporti con la politica, avverrà però nel 2015. Questa volta con il centrosinistra, visto che alla guida dell’esecutivo c’era il Partito Democratico con Matteo Renzi presidente del Consiglio. Quell’anno il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, la vorrà al suo fianco alla Farnesina come Capo di Gabinetto. E quando Renzi si dimetterà dopo il disastroso risultato del referendum costituzionale del 2016, sarà proprio con Gentiloni, diventato nel frattempo capo del governo, che avverrà il definitivo salto di qualità nella carriera di Elisabetta Belloni: l’oggi commissario per gli Affari Economici dell’Ue la nominerà infatti Segretario generale del ministero degli Esteri, prima donna a ricoprire quello che è uno dei più importanti incarichi diplomatici della Repubblica.
Un ruolo (e un riconoscimento) che le sarà confermato anche dai successivi governi Conte 1 e Conte 2, nonostante un nuovo cambio di colore rispetto al passato (prima con l’alleanza M5s-Lega e, successivamente, con quella M5s-Pd). In questi anni, tra i vari dossier che dovrà gestire, c’è anche quello del sequestro, la tortura e l’uccisione di Giulio Regeni. E sarà lei una delle principali fautrici della cosiddetta ‘strategia diplomatica’.
L’incarico di Segretario generale lo manterrà fino al maggio scorso, quando Mario Draghi la ‘strappa’ per la prima volta alla Farnesina e la porta alla presidenza del Consiglio affidandole la guida dei servizi segreti italiani come Direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis). Anche questa volta, si tratta della prima donna a ricoprire questo incarico.
Quella di Elisabetta Belloni è quindi una carriera a stretto contatto con la politica, della quale, in qualche modo, sembra non essere però mai entrata veramente a far parte. Nonostante le promozioni multipartisan, Belloni è rimasta prima di tutto una donna delle istituzioni. Tanto che il suo nome era venuto fuori anche nel maggio 2018, quando il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, stava cercando di individuare un profilo “di garanzia” per la guida del nuovo governo. Quella volta a Palazzo Chigi finì Giuseppe Conte. Oggi, l’altro grande nome “di garanzia” tra i papabili a sostituire il Capo dello Stato è invece proprio quel Mario Draghi che l’ha voluta a capo dei servizi. Per Belloni la salita al Quirinale rappresenterebbe l’ultimo gradino da scalare: anche questa volta all’interno delle istituzioni, anche questa volta come prima donna nella storia, anche questa volta senza alcuna identificazione partitica.