Per far fronte al caro-bollette, dovuto principalmente alla crescita del prezzo del gas, verranno tassati anche gli extra-profitti delle società energetiche. Accadrà attraverso un meccanismo che punta dritto alle fonti rinnovabili, quelle con costi attualmente più bassi e, sulla carta, con i margini maggiori di profitto. Secondo quanto prevede l’ultima bozza del dl Sostegni, infatti, dal 1 febbraio al 31 dicembre 2022 sarà applicato un “meccanismo di compensazione a due vie” sul prezzo dell’energia prodotta da impianti a fonti rinnovabili, in modo da alleggerire in parte gli oneri di sistema sulle bollette. Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) calcolerà la differenza tra i prezzi attuali e i prezzi medi dell’energia prodotta fino al 2020 dagli impianti solari, idroelettrici, geotermici ed eolici incentivati con vecchi sistemi. I produttori dovranno versare al GSE la differenza su questi profitti extra, oppure la incasseranno qualora la differenza fosse negativa. In pratica dovranno versare una differenza calcolata tenendo conto di prezzi equi ante-crisi. Come si spiega in una nota del Consiglio dei ministri, si tratta di un meccanismo ispirato da una “logica emergenziale” e, quindi, con una durata limitata. Uno sgambetto alle fonti pulite oppure una misura equa e necessaria? “Sarebbe ragionevole, se lo stesso sacrificio fosse chiesto anche al settore delle fonti fossili e, in generale, anche ad altri tipi di aziende che stanno facendo extra-profitti con i prezzi alti” risponde a ilfattoquotidiano.it Michele Governatori, responsabile Energia del think tank ECCO. Ed è tutta qui la matassa non sciolta tra le righe del decreto. “Il meccanismo di compensazione a due vie è positivo – aggiunge Governatori – ma il problema è l’incoerenza che fa il paio con una lettura distorta, ultimamente smentita dal ministro Cingolani, secondo cui è la decarbonizzazione a far alzare i costi. In questo contesto, allora, si può vedere anche lo sgambetto”.
Decreto Sostegni tra rinnovabili e fossili – Nel dettaglio, il meccanismo verrà applicato sull’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW che beneficiano di tariffe fisse derivanti dal meccanismo del Conto Energia, non dipendenti dai prezzi di mercato, nonché su quella prodotta da impianti alimentati da fonte idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica che non accedono a meccanismi di incentivazione tariffaria per differenza. Le disposizioni non si applicano all’energia oggetto di contratti di fornitura conclusi prima della data di entrata in vigore del decreto “a condizione che non siano collegati all’andamento dei prezzi dei mercati spot dell’energia (i prezzi di mercato di breve periodo, ndr) e che, comunque, non siano stipulati a un prezzo medio superiore del 10%” rispetto al valore fissato attraverso il nuovo metodo di calcolo, limitatamente al periodo di durata dei contratti. Nella bozza di decreto, però, c’è anche un’altra novità. Per la prima volta il governo interviene tagliando i Sad, i sussidi ambientalmente dannosi, misura dalla quale arriveranno risorse per circa 105 milioni di euro all’anno a partire dal 2022 e per la quale il ministro della Transizione ecologica si sarebbe speso molto. Le stesse fonti, però, ammettono che si tratta di una cifra ridotta, dato che si parla di sussidi che superano i 34 miliardi. In particolare, si sopprimono la riduzione dell’accisa per i carburanti utilizzati nel trasporto ferroviario di persone e merci, l’esenzione dall’accisa sui prodotti energetici impiegati per la produzione di magnesio da acqua di mare e l’esenzione dall’accisa sui prodotti energetici per le navi che fanno esclusivamente movimentazione all’interno del porto di transhipment. Si esclude, inoltre, l’impiego delle risorse del Fondo per la crescita sostenibile per i progetti di ricerca, sviluppo e innovazione nei settori del petrolio, del carbone e del gas naturale.
Gli extraprofitti lasciati intatti — “Quei circa 105 milioni sono una cifra irrisoria rispetto agli aiuti alle aziende energivore e al prelievo sulle rinnovabili”, commenta Governatori, secondo cui dal meccanismo della cosiddetta ‘Robin Hood Tax’ vengono esclusi settori importanti. “Anche centrali termoelettriche, sia quelle a carbone che quelle a gas, stanno facendo extra-profitti”, spiega il responsabile Energia di Ecco. “Sul fronte del gas, infatti – aggiunge – l’Italia è ben interconnessa, tant’è che spesso ha esportato gas in questo periodo di crisi”. Questo perché l’Italia è collegata all’Algeria via Tunisia, alla Libia e adesso dall’Azerbaijan con il Tap. “Durante una crisi del gas che viene in buona parte dalla Russia, avere gli unici tubi meridionali ha permesso all’Italia di esportare. A parte qualche eccezione, dunque, non è che le centrali italiane generalmente pagano il gas più di quelle dei Paesi dell’Europa centrale – spiega Governatori – ma il prezzo dell’energia elettrica nel nostro Paese, a maggior ragione in questa fase di crisi, ha continuato a essere più alto di quello dei Paesi confinanti”. Per questo le centrali termoelettriche stanno facendo extra-profitti (maggiori o minori a seconda che questi impianti abbiano o meno partecipato al capacity market, che prevede la restituzione dell’extra-profitto rispetto al prezzo del gas). E, sempre per questa ragione, desta perplessità il fatto che vengano escluse dalla misura. “E poi – aggiunge – c’è tutta la filiera di chi il gas lo produce, lo importa e lo vende. Sono d’accordo con il vicepresidente di Legambiente, Edoardo Zanchini e mi chiedo se sia mai possibile che per una crisi introdotta dal mercato delle fonti fossili debba pagare solo quella parte di industria che ha investito per emanciparsi dal gas”. Certo, il problema che si pone con meccanismi come quello della ‘Robin Hood Tax’ è la difficoltà di calcolare l’extra-profitto e di capire chi lo fa. “Certamente non solo i produttori – spiega – ma, per esempio, anche qualunque trader che compra energia con un accordo di lungo termine a un prezzo fisso e la vende a prezzo spot. E anche alcune centrali a fonte rinnovabile possono o meno avere degli extra-profitti, a seconda però del tipo di incentivo di cui beneficiano, di come stabiliscono i prezzi di vendita e di come se approvvigionano dell’energia”.
Il nodo Ets – Un’altra misura prevista nella bozza di decreto è l’azzeramento degli oneri di sistema per il primo trimestre 2022 per le utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 kW. Una misura che vale 1,2 miliardi, finanziata con parte dei proventi delle aste Ets (Emission Trading System), ossia le aste delle quote di emissione di CO2. “Ma se si utilizzano i proventi dell’Ets per aiutare gli energivori, come si fa in questo caso per una volta ancora – conclude Governatori – si azzera il senso stesso dell’Ets, dato che il sistema Ue per l’acquisto di permessi ad emettere anidride carbonica, avrebbe dovuto e dovrebbe proprio incentivare i maggiori inquinatori all’efficienza e all’innovazione”.