Secondo il Centro studi di Confindustria l’attuale livello dei prezzi dell’energia, se protratto, potrebbe togliere alla crescita del Pil italiano del 2022 circa lo 0,8%. “Il rincaro dell’energia – evidenziano gli economisti di via dell’Astronomia – colpisce l’industria italiana” mentre “gli elevati contagi frenano i consumi di servizi”. Assistiamo ad una “risalita a forte rischio. A inizio 2022 si sono fatte più fitte le nubi, addensatesi già a fine 2021 sulla risalita del pil italiano, stimato in frenata nel quarto trimestre“.

Per l’industria è attesa una flessione, segnala l’analisi ‘flash’ su congiuntura e previsioni del Centro studi di Confindustria. “Lo scenario per la manifattura ha iniziato a peggiorare a dicembre: il pmi (l’indice che monitora le decisioni dei responsabili aziendali per gli acquisti, ndr) è sceso a 62 da 62,8, pur indicando espansione; gli ordini reggono a fatica. Il costo insostenibile del gas (+723% a dicembre sul pre-crisi) e dell’elettricità in Italia, sommandosi ai rincari degli altri input, sta causando temporanee chiusure di imprese nei settori energivori“.

Per gli economisti dell’associazione degli industriali “l’impatto sulla produzione industriale in Italia sarà registrato tra dicembre e gennaio (dopo il +0,7% medio a ottobre-novembre)”. Secondo gli economisti dell’associazione degli imprenditori infine quello dell’inflazione sarà un “balzo transitorio, se si raffredda l’energia”. In Italia – rilevano – il balzo dei prezzi dei beni energetici, +29,1% annuo a dicembre, ha spinto l’indice generale molto sopra quello core, che è rimasto, a fine 2021, su una dinamica simile al 2020 (+1,5%).

Il decreto varato ieri dal governo per calmierare i rincari delle bollette non soddisfa gli industriali. Troppo pochi gli ulteriori 1,5 miliardi di sussidi che arriveranno alle imprese sotto forma di crediti d’imposta e riduzione degli oneri di sistema in bolletta. In effetti la cifra è meno della metà rispetto ai 4 miliardi di cui si era parlato prima del Consiglio dei ministri che ha varato il decreto. Confindustria energia ha ribadito oggi che “Occorrono interventi strutturali e di politica industriale, come accaduto in Francia e in Germania e come richiesto dalle associazioni aderenti a Confindustria, tra cui la massimizzazione della produzione nazionale di gas e l’incremento delle agevolazioni per i settori industriali energivori a maggiore rischio chiusura o delocalizzazione”.

Gli imprenditori insomma insistono sulla necessità di aumentare il gas estratto dai giacimenti italiani, per lo più nell’Adriatico. Poca cosa a dire il vero. Secondo i dati dell’Eni si trovano nel sottosuolo italiano circa 40 miliardi di metri cubi di gas. Per intenderci è un millesimo delle riserve russe e quanto basterebbe per soddisfare il fabbisogno italiano per meno di un anno.

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