Alla base della voluntary ritenuta falsa: “Evitare per motivi di immagine politica di denunciare al fisco italiano la propria pregressa evasione fiscale (…) e quello di non pagare le sanzioni tributarie”. La non collaborazione della Svizzera esclude quasi del tutto l’ipotesi che il giudice possa respingere la richiesta. L’indagine nasce dal filone sui 73 mila camici venduti alla Regione (per 513mila euro) dal cognato di Fontana. Fatto per il quale anche Fontana, in attesa dell’udienza preliminare, è imputato per frode in pubbliche forniture. Per i pm, sul fronte svizzero, la voluntary sarebbe falsa perché l’evasione fiscale (in tutto o in parte) era riconducibile anche a Fontana. Per questo si voleva acquisire i documenti di due conti di Ubs Lugano. Il primo, del 1997, intestato alla madre e sul quale Fontana avrà potere di firma. Otto anni dopo (2005), con la madre in pensione, il patrimonio viene spostato sul secondo. Qui iniziano i dubbi. I pm: “Si registra una maggiore liquidità sulla cui provenienza (…) non vi è alcuna evidenza in ordine alla relativa formazione della provvista”. Dal primo al secondo conto si riversano 3,4 milioni a cui se ne aggiungono altri 2 “magicamente” comparsi all’apertura del secondo. Sono della madre? Difficile, ragionano i pm, visto che di pensione prendeva 20 mila euro l’anno. Aperto il conto del 2005, iniziano le “schermature” tra Bahamas e Liechtenstein. Secondo una perizia dei pm, la firma della madre di Fontana sul conto del 2005 sarebbe falsa. Dubbi che restano ad ora irrisolti per il no svizzero.