In Vaticano si guarda con attenzione al colle più alto di Roma. Nel pontificato di Papa Francesco l’ordine tassativo è quello di non esplicitare, neppure minimamente, il gradimento politico, in Italia come nel resto del mondo. Un’indicazione esattamente contraria a quella dei pontificati di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI con i cardinali Camillo Ruini e Tarcisio Bertone impegnati a sostenere o affossare candidature facendosi scudo delle rispettive benedizioni papali. Una stagione interventista archiviata, almeno per il momento, dal Papa latinoamericano con la sua Segreteria di Stato drasticamente ridimensionata e la Conferenza episcopale italiana divenuta ormai totalmente inesistente nel dibattito pubblico. Quest’ultima, tra l’altro, con il cardinale presidente, Gualtiero Bassetti, a un passo dagli 80 anni e ormai prossimo alla pensione, e il segretario, monsignor Stefano Russo, che ha scelto un profilo molto basso rispetto al suo immediato predecessore, monsignor Nunzio Galantino, attualmente con l’incarico vaticano di presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica. Se, però, gli endorsement ecclesiali non sono più espliciti come una volta quando i cosiddetti pontieri tra le due sponde del Tevere sondavano in anticipo il gradimento papale per ciascun candidato, il tifo vaticano si fa sentire man mano che si avvicina il momento in cui i grandi elettori saranno chiamati a eleggere il nuovo inquilino del Quirinale, residenza pontificia fino al beato Pio IX.
Riccardi – Nei sacri palazzi il nome di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, è quello che desta ovviamente maggiore sicurezza. Il professore, amico personale di Francesco, Sergio Mattarella e Angela Merkel, non viene, infatti, percepito come un “interlocutore privilegiato”, bensì come un “interlocutore di casa”. Riccardi, che è stato ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione nel governo di Mario Monti, è tra i consiglieri più ascoltati e fidati di Bergoglio. La sua, ci tengono a ribadire Oltretevere, non è una “candidatura di bandiera”, bensì una “candidatura-messaggio”. In 54 anni di vita l’Onu di Trastevere, come è stata ribattezzata la Comunità di Sant’Egidio attualmente presieduta da Marco Impagliazzo, ha saputo tessere importanti rapporti internazionali non solo nel campo religioso, ma anche in quelli politico e sociale proprio grazie alla leadership di Riccardi. Accanto a lui sono cresciute figure come quella del cardinale arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi, in pole position per la presidenza della Cei. Appena il suo nome è iniziato a circolare, sul suo profilo Facebook Riccardi ha aggiornato l’immagine di copertina postando una foto che lo vede accanto a Mattarella in occasione di una visita alla Comunità di Sant’Egidio. Un segnale eloquente non solo per rimarcare l’amicizia con l’attuale inquilino del Quirinale, ma anche per dare un messaggio di continuità.
Casini – Se Riccardi viene percepito Oltretevere come un “interlocutore di casa”, Pier Ferdinando Casini è ben noto in Vaticano. Gli viene riconosciuto il merito, infatti, di essere stato finora l’unico presidente della Camera ad aver riportato un Pontefice, era Karol Wojtyla, a Montecitorio, in quel palazzo dove anticamente veniva amministrata la giustizia in nome del Papa re. Era il 14 novembre 2002 e il Parlamento italiano riunito in seduta comune tributò una serie infinita di applausi e standing ovation a san Giovanni Paolo II già profondamente segnato dalla malattia. Ma le sue parole, in particolare la richiesta di un “segno di clemenza” per i detenuti “mediante una riduzione della pena” nel tentativo di trovare una soluzione al sovraffollamento delle carceri, non vennero tramutate in realtà. In aula ad ascoltare il Papa polacco c’erano anche l’allora inquilino del Quirinale, il cattolico Carlo Azeglio Ciampi che di Wojtyla era divenuto amico, e il presidente del Consiglio dei ministri dell’epoca, Silvio Berlusconi. In Vaticano Casini ha ottimi interlocutori e amici storici sui quali contare come il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, monsignor Rino Fisichella, a cui Francesco ha recentemente affidato la regia del Giubileo del 2025. Un uomo chiave nei rapporti tra il Vaticano e l’Italia.
Belloni – Non si può negare, invece, che la Santa Sede sia a dir poco maschilista, nonostante i ripetuti appelli di Bergoglio che sostiene da sempre che “la Chiesa è donna”. Sarà forse anche per questa sottolineatura papale che la candidatura di Elisabetta Belloni, capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, benché decisamente meno conosciuta Oltretevere, non dispiace alle gerarchie ecclesiastiche. Il suo curriculum, passato in rassegna nei sacri palazzi appena è iniziato a circolare il suo nome tra quelli papabili per il Quirinale, viene universalmente ritenuto di altissimo livello e rassicurante per il suo impegno umanitario. Un interlocutore sicuramente attento alle richieste sociali di Francesco e al suo costante richiamo ai governi di tutto il mondo a contrastare la “globalizzazione dell’indifferenza”. Ciò che affascina di più della Belloni, soprattutto in Segreteria di Stato, è la sua brillante carriera diplomatica che la rende un candidato molto gradito anche Oltretevere. Una personalità che, se da un lato non ha ancora frequentazioni stabili con i sacri palazzi, dall’altro suscita ammirazione ed è garanzia di imparzialità e autorevolezza.
Draghi – Per nulla archiviata, invece, la possibilità che a salire al Quirinale possa essere l’attuale inquilino di Palazzo Chigi. Quello di Mario Draghi è sicuramente il nome che è circolato maggiormente in Vaticano nella lunga vigilia dell’elezione del presidente della Repubblica Italiana, ma forse anche per questo sembra ultimamente aver perso la forza propulsiva con la quale veniva sussurrato nelle sagrestie. Ex alunno dei gesuiti, è da sempre considerato un “interlocutore amico” dal Papa latinoamericano che non gli ha mai fatto mancare il proprio sostegno anche esplicitamente. Un profilo che desta sicurezza sia a Casa Santa Marta che nella Segreteria di Stato e nella Cei, ma anche nella base del cattolicesimo italiano. Oltretevere, però, non si nasconde il timore per ciò che potrebbe avvenire al governo senza Draghi. Una carta da giocarsi, quindi, ma con prudenza. Almeno secondo il Vaticano.
Twitter: @FrancescoGrana