Si allontana l’ipotesi di Pierferdinando Casini prossimo inquilino del Quirinale. A frustrare le ambizioni dell’ex presidente della Camera, in Parlamento dal 1983 e per dieci legislature di fila, sono arrivate in serata le parole inequivocabili di Matteo Salvini: “Non è uno dei nostri nomi”, ha detto il segretario leghista. Non ci sarà la sua figura, dunque, nella rosa di “donne e uomini di grande esperienza e spessore” che il centrodestra presenterà “nelle prossime ore” per arrivare a una scelta condivisa. La candidatura dell’ex leader dell’Udc, una di quelle più “antiche” in questa corsa al Colle, tramonta di colpo – o almeno così sembra – proprio all’ultimo giorno, dopo che nelle scorse ore era sembrata in pole position: domenica mattina, addirittura, un retroscena di Repubblica la indicava come la soluzione “di mediazione” che il Pd avrebbe sottoposto al centrodestra. Ipotesi subito smentita da Enrico Letta: “Leggo stupito di una nostra proposta alla Lega. Per chiarezza e trasparenza noi affrontiamo questo difficile passaggio coi nostri alleati. Coi quali a partire da oggi, dopo la fine della candidatura di Berlusconi che aveva bloccato fino a ieri tutto, concorderemo nomi e proposte”, ha scritto su Twitter in mattinata il segretario dem.
Leggo stupito di una nostra proposta alla Lega. Per chiarezza e trasparenza noi affrontiamo questo difficile passaggio coi nostri #alleati. Coi quali a partire da oggi, dopo la fine della candidatura di Berlusconi che aveva bloccato fino a ieri tutto, concorderemo nomi e proposte pic.twitter.com/Isw8FTHxRk
— Enrico Letta (@EnricoLetta) January 23, 2022
Nel pomeriggio, ospite di Lucia Annunziata su Rai 3, anche Matteo Renzi sembrava aprire al nome di Casini. “Come quasi tutti gli ex presidenti di Camera o Senato, di solito, per tradizione, sono un po’ più forti. Quando ha fatto il presidente della Camera lo ha fatto bene”, ha detto il leader di Italia Viva. Ma il no di Salvini cambia le carte in tavola ed è interpretato da alcuni come un passo avanti sulla strada che porta a Draghi. “Se il nome di Casini non lo fanno loro, non lo faremo di certo noi“, osservano fonti dem parlando con l’AdnKronos. In casa 5 Stelle, invece, il profilo dell’ex democristiano era sempre stato come vissuto come indigesto, almeno dai parlamentari più vicini al presidente Giuseppe Conte (mentre il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è considerato più aperturista). L’uscita dai giochi di Casini, d’altra parte, era stata anticipata da Vittorio Sgarbi, considerato in questi giorni un affidabile interprete degli umori del centrodestra: “Non ha nessuna possibilità di andare al Quirinale”, ha detto ad Affaritaliani.it. “Il nome di Casini non ha alcuna logica, o il centrodestra propone un suo nome o si vota Draghi”. E anche sabato sera fonti di primo piano nelle trattative escludevano che potesse rientrare tra i nomi del centrodestra: “Non è di centrodestra, è stato eletto con il Pd“, l’osservazione tranchant per chiudere ogni spiraglio.