La settimana dei mercati parte come era finita quella precedente, male. Anzi malissimo. Milano ha chiuso con un calo del 4%, con tutti i titoli in rosso e la galassia Agnelli sotto particolare pressione (Exor – 6,3%, Stellantis – 7%, Cnh – 6,6%, Iveco – 7,1%). caduta del 4% anche per la borsa di Parigi mentre Francofortesi è fermata a – 3,8%. Londra ha lasciato sul terreno il 2,6%. L’Eurostoxx 50, indice che raggruppa le 50 più grandi aziende quotate della zona euro, ha perso il 4,1%. Nel frattempo a New York l’S&P500 cede il 3,4%, il Nasdaq il 3,8%. In rialzo viceversa i prezzi dei titoli di Stato statunitensi, bene rifugio per eccellenza. Tiene lo spread ma la chiusura è al rialzo a 139 punti, con i Btp a 10 anni che pagano l’1,28%. Sale l’oro che raggiunge i 1841 dollari/oncia (+ 0,5%). Bitcoin in altalena, prima scende sotto i 33mila dollari, poi recupera e prova a sganciarsi dagli indici azionari.
A pesare sui listini sono le crescenti tensioni tra Russia, Europa e Stati Uniti in relazione alla crisi Ucraina. Mosca si oppone all’ingresso nella Nato dell’ex repubblica sovietica e ha schierato oltre 100mila soldati lungo il confine. Gran Bretagna e Stati Uniti hanno avviato stamane le operazioni di evacuazione dei rispettivi corpi diplomatici. Le ripercussioni si sentono soprattutto sul prezzo del gas (dalla Russia proviene il 40% del gas consumato in Europa) in aumento oggi del 12% vicino ai 90 euro per megawatt/ora. Il contestuale calo delle quotazioni petrolifere (- 3%) può suggerire che, al di là della situazione europea, gli investitori si attendano un rallentamento della crescita economica.
Si tratta di un ulteriore fattore di pressione sui prezzi al consumo dopo che l’inflazione ha già raggiunto il 5% nella zona euro e il 7% negli Stati Uniti. In queste condizioni aumentano le probabilità di una politica monetaria meno accomodante da parte delle banche centrali e quindi di una riduzione della liquidità, anche quella da investire in azioni. La Federal Reserve statunitense dovrebbe effettuare un primo rialzo dei tassi già il prossimo marzo. Mercoledì è in programma una riunione della Fed da cui potrebbero emergere maggiori indicazioni. Per la Banca centrale europea esclude interventi nel breve termine ma la posizione all’interno del consiglio direttivo non è granitica. A fine 2018 i mercati reagirono alla prospettiva di una stretta monetaria con violenti cali che costrinsero la Fed a fare marcia indietro. All’epoca l’inflazione non destava però le stesse preoccupazioni di questi giorni.