È morto a 90 anni, a Marinaledda nei pressi di Olbia, il faccendiere Flavio Carboni. Il suo nome è stato al centro di molti misteri italiani a partire dagli anni 70, quando si affacciò al mondo della finanza. Indagini, accuse, processi e assoluzioni: dal 1982 è stato più volte arrestato, trascorrendo brevi periodi in carcere. E’ stato imputato di numerose accuse: falso, truffa, bancarotta fraudolenta, riciclaggio. L’unica sentenza di condanna definitiva è quella a 8 anni e 6 mesi di reclusione per il crac del Banco Ambrosiano. Per l’omicidio del banchiere Roberto Calvi fu assolto per insufficienza di prove. Nel 2018 la condanna in primo grado nel processo sull’associazione segreta P3. L’ultima sentenza a suo carico risale al 18 gennaio quando è stato condannato per riciclaggio dei proventi delle fatture inesistenti emesse dall’imprenditore Valeriano Mureddu, che nel 2014 fece da tramite tra lui e l’allora vicepresidente di Banca Etruria Pierluigi Boschi. A cui il faccendiere consigliò Fabio Arpe come direttore generale della banca in crisi, che sarebbe poi stata risolta dal governo Renzi di cui Maria Elena Boschi faceva parte. Mureddu fu poi arrestato per il fallimento della sua azienda di imballaggi Geovision: ha preso 3 anni e 8 mesi per bancarotta fraudolenta ed emissione di fatture inesistenti.

Nel 2010, subito dopo l’assoluzione per il delitto Calvi, Carboni fu indagato per concorso in corruzione nell’ambito di un’inchiesta sugli appalti per l‘energia eolica in Sardegna insieme, tra gli altri, all’ex senatore di Forza Italia Denis Verdini, l’allora sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino e l’ex parlamentare di Forza Italia Marcello Dell’Utri. Tutti indagati per violazione della legge Anselmi sulle società segrete attraverso una organizzazione volta a ”condizionare il funzionamento degli organi costituzionali” intervenendo anche sul Lodo Alfano con pressioni su i giudici della Corte Costituzionale. In base alla sentenza di primo grado del 2018 l’associazione P3 violava la legge Anselmi e puntava a condizionare il funzionamento degli organi costituzionali dello Stato e apparati della pubblica amministrazione “con l’obiettivo di rafforzare sia la propria capacità di penetrazione negli apparati medesimi mediante il collocamento, in posizioni di rilievo, di persone a sé gradite, sia il proprio potere di influenza, sia la propria forza economico finanziaria”. Nello stesso processo Verdini è stato assolto dall’accusa di far parte dell’associazione, ma condannato a un anno e tre mesi (e a una multa di 600mila euro) per il finanziamento illecito al partito. Dell’Utri è stato invece salvato dalla prescrizione nel 2019. Le accuse nei suoi confronti si riferivano ai rapporti con Carboni per la parte dell’inchiesta che riguardava il business dell’eolico in Sardegna. La posizione di Dell’Utri era stata stralciata a causa della sua latitanza in Libano, durata alcuni mesi.

Il primo arresto nel 1982 – Dal suo primo arresto, avvenuto in Svizzera nell’ estate del 1982, la vita di Carboni è stato un continuo andirivieni tra aule di tribunale e arresti. L’improvviso successo economico comincia negli anni ’70 con una serie di società immobiliari e finanziarie. Carboni si muove anche nel mondo dell’editoria. Diventa proprietario del 35% del pacchetto azionario della ‘Nuova Sardegna‘ ed editore di ‘Tuttoquotidiano‘, per il fallimento del quale era stato condannato in primo grado e assolto in appello, per vizio di forma. Le risultanze giudiziarie hanno dimostrato lo stretto legame di Carboni con esponenti della banda della Magliana e della mafia. Legato soprattutto alla storia del Banco Ambrosiano e della morte di Calvi, il suo nome emerge anche in altre vicende. Durante il sequestro Moro, per esempio, avvicinò esponenti Dc offrendosi di sollecitare l’intervento della mafia per la sua liberazione. Qualche giorno dopo Carboni riferì però che la mafia non voleva aiutare Moro perché troppo legato ai comunisti.

Carboni ha intrattenuto rapporti con personaggi come l’agente segreto Francesco Pazienza, il capo della loggia massonica P2 Licio Gelli (ma lui ha sempre negato di averlo conosciuto), il boss mafioso Pippo Calò, l’ex gran maestro del Grande Oriente d’Italia Armando Corona e l’allora imprenditore Silvio Berlusconi, prima che scendesse in politica. Ne è stato socio in affari per il progetto Costa Turchese, noto anche come ‘Olbia 2’. Nel 2010 è stato ascoltato anche come testimone per la scomparsa di Manuela Orlandi, per i rapporti che avrebbe avuto in Vaticano e con alcuni esponenti della banda della Magliana.

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