Si è ‘inabissato’ per mesi, in religioso silenzio, rifiutando le interviste e i tentativi di intercettarlo, per coltivare il sogno Quirinale. Per chi, come il senatore Pier Ferdinando Casini, ex fondatore dell’Udc (passato negli anni dallo schieramento dei partiti del centrodestra a trazione berlusconiana, fino all’ultima elezione nel 2018 nel collegio uninominale di Bologna per il centrosinistra) è noto per le sue capacità di cercare sponde e contatti trasversali e bipartisan, la possibilità di salire al Colle come successore di Sergio Mattarella veniva considerata più che un’ambizione personale.
Un nome considerato di ‘compromesso‘ tra gli schieramenti, in grado di raccogliere sinergie tra centrodestra e centrosinistra. Con tanto di sponsor ufficiale: quel Matteo Renzi che lo aveva blindato in Parlamento, offrendogli un seggio, ai tempi della sua segreteria al Nazareno. L’ipotesi della candidatura del senatore Casini al Colle, “sopravvissuta” nonostante sia stata per mesi evocata sui media e quotidiani, sembrava però essere tramontata dopo il ‘niet’ della Lega e di Matteo Salvini. Era stato il segretario del Carroccio a stoppare la sua corsa: “Non farò il suo nome, non è una proposta di centrodestra e non rientrerà tra i nostri nomi”, aveva avvertito. Tutto mentre dal Nazareno avevano fatto filtrare di non voler avanzare il nome di Casini a loro volta.
Eppure, Casini non sembra essersi scomposto, in attesa del proprio turno e della quarta votazione, quando il quorum si abbasserà fino alla soglia di 505 voti necessari per l’elezione. Convinto di potersi ancora giocare qualche possibilità, in nome di un accordo trasversale. Guarito da poco dal Covid, Casini si è così presentato alla prima chiama della prima votazione in Aula a Montecitorio, tra saluti e colloqui con gruppi di senatori. Compreso uno in particolare: dopo aver deposto la scheda nell’urna, l’ex presidente della Camera si è intrattenuto a chiacchierare con la capogruppo di Forza Italia al Senato Anna Maria Bernini, il senatore della Lega Stefano Candiani e la senatrice Udc Paola Binetti. Chissà se alla ricerca di consensi tra le forze che ore sembrano volergli sbarrare la strada. Poi, prima di lasciare l’emiciclo, è andato a salutare i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati al banco della presidenza.
“Casini? Può unire“, c’è chi è tornato a rivendicare, come l’ex capogruppo Pd, già renziano, Andrea Marcucci. Come lui, anche l’altro senatore dem, Dario Stefano. Perché in fondo, i contatti, si sa, a Casini non mancano. Il sogno Quirinale, nonostante lo stop di Salvini, forse può ancora continuare.