Ismaele ha concluso la giornata in ospedale: trauma cranico e quattro punti di sutura. Il giorno dopo ha sporto denuncia nei confronti del Reparto mobile. Gabriele invece si è curato a casa con i punti fai-da-te: "Da un lato siamo stati fortunati, perché sanguinavamo e attiravamo l'attenzione. Molti miei compagni si sono svegliati coi lividi il giorno dopo". E sulla morte del coetaneo: "Può cambiare qualcosa solo se farà capire la disfatta della scuola"
Ismaele Calaciura Errante ha 18 anni e studia al liceo classico Visconti di Roma. È uno dei 350 studenti scesi in piazza domenica 23 gennaio dopo la morte sul lavoro di un loro coetaneo, Lorenzo Parelli, schiacciato da una trave d’acciaio in un’azienda meccanica in Friuli. Ismaele ha concluso la giornata all’ospedale San Giovanni, da cui è uscito soltanto dopo mezzanotte: trauma cranico senza commozioni, quattro punti di sutura per le manganellate della polizia che ha caricato i ragazzi di fronte al Pantheon. “Ironia della sorte”, racconta al fattoquotidiano.it, “il mattino dopo sono andato a fare alternanza scuola-lavoro, che per noi del classico consiste in un corso sulla transizione ecologica”. Al pomeriggio, invece, è andato dai Carabinieri per denunciare chi lo ha mandato in ospedale: “Ho sporto denuncia contro ignoti del Reparto mobile della Polizia di Stato. Forse non porterà a nulla”, dice, “ma ci voglio provare lo stesso”.
Altri suoi compagni malmenati, invece, hanno preferito non denunciare e non recarsi nemmeno in ospedale. “Serve una risposta politica”, dice Gabriele Lupo, anche lui 18enne, studente del liceo artistico Ripetta e militante del movimento Osa (Opposizione studentesca d’alternativa) che ha chiamato gli studenti in piazza dopo la morte di Lorenzo. “Il punto è che non mi aspettavo una reazione così violenta”, racconta. Alle 19.30 di domenica gli studenti si erano ritrovati in piazza della Rotonda per quello che doveva essere un sit-in. Il Reparto mobile era schierato a protezione della piazza, per impedire la trasformazione del presidio in un corteo non autorizzato. Proprio quello che una parte dei ragazzi tenta di fare: alcuni di loro si muovono per uscire dalla piazza e dirigersi verso piazza Navona, per poi raggiungere Trastevere e la sede del ministero dell’Istruzione. C’è anche un tentativo di sfondamento del cordone di polizia.
È a quel punto che il presidio viene caricato. “Dopo venti secondi di spinte hanno preso subito in mano i manganelli”, dice Gabriele. “Mi sono reso conto che ero stato ferito perché avevo la palpebra pesante e ho iniziato a gocciolare sangue. Ci siamo dovuti medicare da soli, chiedendo il ghiaccio nei bar e i fazzoletti agli amici. Io ho usato un fazzoletto avvolto in una lattina di Coca Cola fredda”, racconta. “Da un lato – aggiunge – siamo stati anche fortunati, perché sanguinavamo e attiravamo l’attenzione. Molti miei compagni invece si sono svegliati coi lividi il giorno dopo. A una ragazza hanno messo sei punti di sutura sotto il sopracciglio, vicinissimo all’occhio. Io invece mi sono curato a casa, con i punti fai-da-te”.
“La morte di Lorenzo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”, ripercorre Gabriele spiegando i motivi del presidio. “Sono mesi che chiediamo incontri ufficiali per denunciare i problemi strutturali della scuola. Bisogna ancora organizzare il trasporto, garantire le Ffp2, investire in sicurezza. In alcune scuola non c’è nemmeno il termo scanner. Lorenzo è il fallimento di questo sistema scolastico privatizzato, che ha solo trasferito i problemi del mondo del lavoro tra i ragazzi: le molestie, i feriti e ora anche i morti. Questa morte può dare inizio a un cambiamento solo se la vediamo come il simbolo della disfatta dell’organizzazione scolastica. Altrimenti sarà dimenticata“. Il collettivo studentesco romano Lupa, di cui fa parte Osa, ha indetto un’assemblea generale degli studenti il prossimo 5 febbraio.