A dicembre il tasso di inflazione ha segnato un +3,9% rispetto a un anno prima. Per Bankitalia il prodotto interno aumenterà solo del 3,8% contro il +4,7% stimato dal governo. I colli di bottiglia nelle forniture, uniti a ripresa dei contagi e rincari dell'energia, hanno rallentato sia l'industria sia i servizi. Sulla domanda, oltre all'andamento della pandemia, pesano i forti incrementi delle bollette che si mangeranno gli ultimi rinnovi contrattuali e il piccolo aumento del reddito disponibile in arrivo con la riforma Irpef. Intanto i tassi sui titoli di Stato hanno ricominciato a salire
L’inflazione alimentata anche dal caro energia che galoppa, mangiandosi i mini risparmi che arriveranno dalla riforma Irpef e frenando i consumi. E il pil che, di conseguenza, nel primo trimestre salirà molto meno delle previsioni influenzando negativamente l’intero 2022 e allontanando il recupero dei livelli pre Covid. È questo il contesto in cui Mario Draghi lascerebbe Palazzo Chigi in caso di elezione al Quirinale. Da settimane banche d’affari e gestori di fondi leggono la partita per il Colle attraverso la lente del Recovery plan: la priorità è garantire nei prossimi anni l’attuazione delle riforme e degli investimenti che sono condizione necessaria per ricevere 209 miliardi tra prestiti e sovvenzioni a fondo perduto. Ma per rispettare le scadenze l’attività di governo va misurata in settimane, non anni: entro fine giugno l’Italia deve raggiungere ben 45 traguardi. Nel frattempo famiglie e imprese hanno necessità urgenti che rendono rischioso, in questa fase, un avvicendamento di premier e ministri.
In dicembre l’indice nazionale dei prezzi ha segnato un +3,9% sullo stesso mese del 2020, il massimo dall’agosto 2008, spinto soprattutto dall’aumento del costo dell’elettricità e dei servizi di trasporto. Gli analisti sono concordi nel rilevare una battuta di arresto nella ripresa economica: per Bankitalia il prodotto aumenterà quest’anno del 3,8% contro il +4,7% stimato dal governo. A fine 2021 i colli di bottiglia nella fornitura di materie prime e prodotti intermedi, uniti alla ripresa dei contagi e ai rincari dell’energia, hanno rallentato sia l’industria sia i servizi. Quasi il 60% delle aziende sondate da via Nazionale ha riferito di attendersi anche nei primi mesi del 2022 effetti negativi sulla propria attività. Alcune imprese energivore hanno iniziato a fermarsi o lavorare di notte per contenere la spesa. Il decreto varato la settimana scorsa, che azzera per tre mesi gli oneri di sistema solo sull’energia elettrica e agli energivori riconosce solo un piccolo credito di imposta, è considerato insufficiente dalla stessa maggioranza secondo cui serve uno scostamento di bilancio per finanziare misure più incisive. Il comparto delle costruzioni, drogato dal Superbonus per gli interventi su case e condomini, continua a correre ma i costi dei materiali sono alle stelle. Secondo l’Ance, se i prezzari non verranno aggiornati i cantieri per le opere del Pnrr sono destinati a bloccarsi.
Dal lato della domanda, in attesa dell’aggiornamento dell’indice di fiducia dei consumatori atteso per venerdì via Nazionale ha già avvertito come l’incertezza legata all’evoluzione della pandemia con la variante Omicron (che sta inducendo molti ad una sorta di lockdown di fatto) sia destinata ad incidere su quell’indicatore, correlato con l’andamento della spesa. Mentre i prezzi dei prodotti alimentari crescono a loro volta, sulla capacità di consumo peseranno poi i nuovi forti incrementi delle bollette di gas ed elettricità (rispettivamente +42 e +55% nonostante gli interventi del governo) annunciati per il primo trimestre dell’anno per gli utenti in regime di maggior tutela, dopo la stangata già subita tra ottobre e dicembre. L’authority dell’energia Arera calcola che tra aprile 2021 e marzo 2022 la famiglia media paga in totale quasi 1.000 euro in più rispetto ai dodici mesi precedenti. Più che abbastanza per “mangiarsi” gli ultimi rinnovi contrattuali e il piccolo aumento del reddito disponibile in arrivo da marzo per effetto della revisione di aliquote Irpef e detrazioni, che si fermerà in media a 162 euro per gli operai e 266 per gli impiegati. In un Paese in cui già prima della pandemia un quarto dei lavoratori erano poveri.
Sui mercati finanziari si è intanto ampiamente esaurita la luna di miele che, dopo l’arrivo dell’ex presidente Bce al governo, aveva propiziato un calo dello spread: ora il differenziale Btp-Bund viaggia intorno ai 140 punti base. I tassi di interesse pagati dai titoli di Stato italiani hanno ricominciato a salire, complice il rallentamento degli acquisti da parte dell’Eurotower. E se è vero che il rapporto debito/pil – ora intorno al 150% – viene alleggerito dall’aumento dei prezzi che gonfia il prodotto nominale, va ricordato che si tratta di un “effetto ottico” dalla vita molto breve se la crescita reale segna il passo e i creditori iniziano a chiedere rendimento più alti. Non siamo alla tempesta perfetta, ma certo non pare il momento ideale per l’apertura di una crisi che nello scenario peggiore potrebbe sfociare in elezioni anticipate.