Approvata all’unanimità, quindi anche dalle opposizioni di centrosinistra, la mozione del consiglio regionale: al governo viene chiesto di “ridefinire i criteri” adottati nel riparto delle risorse, cioè i parametri Istat dell’indice di vulnerabilità sociale. Su un totale di 2.418 progetti presentati e di 2.325 opere ammesse, solo 5 Comuni veneti sono risultati in graduatoria con 24 progetti
È partita la crociata del Veneto contro l’assegnazione di finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che sarebbero troppo sbilanciati a favore del Meridione. Dopo i proclami lanciati a fine anno dal sindaco leghista di Treviso, Mario Conte, in quanto presidente di Anci Veneto, si è passati ora alle vie di fatto, con una mozione del consiglio regionale. E’ stata approvata all’unanimità, quindi anche dalle opposizioni di centrosinistra. “Il governo non penalizzi i comuni virtuosi nei fondi per la rigenerazione urbana”, è il senso dell’appello.
Al governo viene chiesto di “ridefinire i criteri” adottati nel riparto delle risorse. Si tratta dei parametri Istat dell’indice di vulnerabilità sociale che dovrebbero “garantire un’equa distribuzione delle risorse tra i comuni italiani, che tenga conto delle fragilità demografiche, sociali e territoriali presenti nel Paese”. I parametri servono per evitare che vengano perpetuate le differenze tra realtà diverse. Il Veneto chiede ora che siano “rese disponibili le risorse necessarie per finanziare tutti i progetti di riqualificazione urbana ritenuti ammissibili”. Dal palazzo veneziano, la mozione sarà inviata a tutti i sindaci del Veneto, perché sia adottata dalle rispettive amministrazioni.
Una levata di scudi del Comuni più ricchi nei confronti dei più poveri? Il consiglio regionale respinge questa accusa. “Questo indice di vulnerabilità – è scritto nella risoluzione – penalizza in maniera pesante i Comuni del Nord rispetto a quelli del Centro e del Sud”. La presa di posizione bipartisan prende le mosse dalle elaborazioni dell’Anci regionale. “Dei tre miliardi e mezzo di risorse stanziati per la rigenerazione urbana – ha spiegato il presidente dell’intergruppo Lega-Liga veneta Alberto Villanova – ai comuni del Sud è andato ben più del 40 per cento inizialmente stabilito, nonostante il 93 per cento dei progetti sia stato presentato da Comuni del Nord Italia”. Su un totale di 2.418 progetti presentati e di 2.325 opere ammesse, solo 5 comuni veneti (Conegliano, Lonigo, Monselice, Montebelluna e San Bonifacio) sono risultati in graduatoria con 24 progetti, a fronte dei 227 progetti presentati dalle amministrazioni del territorio regionale.
Ai veneti non sembra bastare la disponibilità manifestata dal ministro Luciana Lamorgese di destinare 900 milioni per far scorrere la graduatoria. “L’attuale ripartizione non si può neanche commentare, perché tanto è ingiusta verso il Veneto che non merita nemmeno di essere definita sbagliata o iniqua. – ha continuato Villanova – Il nostro territorio merita rispetto: al di là della diversa posizione politica, infatti, tra Istituzioni non può e non deve mancare mai una corretta collaborazione. Roma, anche su questo aspetto, fino ad oggi, ha gravi mancanze. Noi non chiediamo nulla di più di quello che ci spetta di diritto”.
Il Pd ha aderito a questa impostazione, seppur con qualche frecciatina alla giunta Zaia. “Non è equo sommare alla clausola di salvaguardia che destina al Sud il 40 per cento dei fondi del Pnrr – ha detto il capogruppo Paolo Possamai – ulteriori criteri di assegnazione che dirottano le risorse al Sud. C’è però da fare una riflessione su quanto il Veneto conti a Roma: su una vicenda decisiva, come la ripartizione dei fondi per la rigenerazione urbana, rischiamo di arrivare ‘a piatti lavati’. Dobbiamo fare squadra e pesare prima della definizione dei prossimi bandi”. La dem Vanessa Camani: “Si conosceva bene la ricaduta di un bando costruito su quell’indice. Quanto accaduto conferma la difficoltà del rapporto istituzionale tra Roma e il Veneto ed evidenzia la necessità che il Veneto sia meno isolato e divisivo, e non si rinchiuda nella rivendicazione di un’autonomia isolazionista”.