Scotland Yard ha avviato un’inchiesta sullo scandalo partygate per le feste a Downing Street in presunta violazione delle regole anti-Covid. L’annuncio è stato dato dalla comandante della Met Police Cressida Dick. La polizia britannica indagherà “in modo imparziale” e “senza paura del potere” su otto dei 17 party che si sono svolti nella residenza del premier Boris Johnson e a Whitehall negli ultimi due anni. Dick ha aggiunto di comprendere la “profonda preoccupazione pubblica” per le accuse, ma ha anche riconosciuto che la “grande maggioranza delle persone ha agito in modo responsabile” e ha “subito considerevoli perdite durante la pandemia”.
Le ultime accuse sul premier inglese sono piovute lunedì grazie alle rivelazione di Itv News che ha raccontato di una festa per il suo compleanno organizzata dalla moglie Carrie al n.10 di Downing Street il 19 giugno 2020, alla quale presero parte circa 30 persone (fra cui molti funzionari) in violazione delle regole anti-Covid vigenti allora. L’evento, con tanto di torta di compleanno, si sarebbe svolto nel pomeriggio all’interno della Cabinet Room, dove è solito riunirsi il Consiglio dei ministri.
Secondo quanto riferito sempre da Itv, la sera alcuni amici di famiglia sarebbero stati ospitati al piano di sopra nella residenza ufficiale del primo ministro Tory in un’ulteriore violazione delle regole. Immediata la risposta di Downing Street alle rivelazioni: “Questo è totalmente falso. In linea con le misure dell’epoca, quella sera il primo ministro ospitò all’esterno un piccolo numero di familiari”.
Per gli altri episodi legati alle feste, Johnson ha già chiesto scusa in due occasioni man mano che i party mentre il Paese subiva le restrizioni per contenere la pandemia sono venuti a galla nel corso delle ultime settimane. Tra le varie accuse anche quella relativa a una festa del 16 aprile scorso, con tanto di alcol e musica ad alto volume, la sera prima dei funerali del principe Filippo, che la regina Elisabetta II ha pianto da sola perché il lockdown imposto dalle autorità britanniche non permettevano la partecipazione alla funzione religiosa nella cappella privata del Castello di Windsor.