A quanto ha scritto l’edizione online del quotidiano Il Foglio, il segretario della Lega Matteo Salvini si è recato questo pomeriggio nella casa romana del professor Sabino Cassese ai Parioli. L’incontro però è stato subito smentito da fonti del Carroccio: “Non so dove abita e non l’ho sentito”, ha detto Salvini ai cronisti, entrando al vertice con i gruppi parlamentari leghisti. Poco prima però aveva dichiarato: “La soluzione può essere vicina“. Cassese è stato ministro della Funzione pubblica nel governo Ciampi, giudice emerito della Corte costituzionale, editorialista del Foglio e del Corriere della Sera. A luglio 2020, in un editoriale sul Corriere e poi in un’intervista al Riformista, aveva paragonato l’allora premier Giuseppe Conte all’autocrate ungherese Viktor Orbán commentando il primo rinnovo dello stato d’emergenza per il Covid. Conte è l’attuale leader del Movimento 5 Stelle, il più numeroso tra i gruppi parlamentari chiamati a eleggere il nuovo capo dello Stato.
“Perchè venga prorogato uno stato di emergenza, non basta che vi sia la previsione o il timore di un evento calamitoso. Occorre che vi sia una condizione attuale di emergenza”, esordiva Cassese nel commento del 12 luglio sul quotidiano milanese, intitolato “L’eccezione non è la regola”. Poche settimane dopo, l’arrivo della seconda ondata avrebbe spazzato via ogni dubbio sull’opportunità della proroga. Che però per il giurista era “inopportuna, perché il diritto eccezionale non può diventare la regola”. “Non è fisiologico – scriveva – governare con mezzi eccezionali. Questi possono produrre conseguenze negative […] per l’equilibrio dei poteri, mettendo tra le quinte (ancor più di quanto non accada già oggi) il Parlamento e oscurando il presidente della Repubblica e la Corte costituzionale”. Per concludere: “Non dimentichiamo che Viktor Orbán cominciò la sua carriera politica su posizioni liberali“.
Due giorni dopo, intervistato dal Riformista, insisteva nell’accostamento. “Orbán è sotto giudizio dell’Unione europea per aver fatto adottare dal Parlamento ungherese una legge che dichiara uno stato di emergenza senza fissare un termine“, diceva. “La dichiarazione dello stato di emergenza e i successivi decreti legge hanno consentito in Italia a una persona sola, con Dpcm, di chiuderci in casa, vietarci di andare al lavoro, non visitare parenti, e così via”. Proprio l’uso dei decreti del presidente del Consiglio da parte di Conte è stato per l’altro grande tabù del giurista: non si contano le interviste in cui li ha definiti “un abuso“, una pratica vicina all'”usurpazione dei poteri” del Parlamento (da quando a farne uso è Draghi, invece, non si ha più traccia di dichiarazioni simili). Quest’anno è stata la “sua” stessa Consulta a sbugiardarlo giudicando l’uso “contiano” dei Dpcm in funzione anti-Covid conforme alla Costituzione.
Se davvero Salvini scegliesse di puntare sul cavallo Cassese, peraltro, dovrebbe “scordarsi” varie dichiarazioni poco lusinghiere che il giurista ha espresso nei suoi confronti. Quando nel 2019 il leader leghista annunciò di voler festeggiare un 25 aprile “alternativo” insieme alle forze dell’ordine, Cassese disse che il suo “grave atteggiamento riduttivo” sulla Resistenza lo poneva “fuori dalla legalità costituzionale“. Nell’estate dello stesso anno, quando Salvini fece saltare il primo governo Conte con la crisi del Papeete, commentava sul Foglio: “Possibile che un uomo che è in politica faccia un errore di calcolo così grossolano? Si è messo da solo nelle condizioni di farsi disarcionare”. Mentre l’Aria che tira su La 7, nel gennaio 2020, lo descriveva così: “Salvini non cerca mai di dimostrare qualcosa, non cerca mai di articolare il suo pensiero. Il suo pensiero è fatto semplicemente di slogan, battuti e ribattuti”.