Stati Uniti e Nato hanno inviato le loro risposte e controproposte alla Russia che chiedeva maggiori garanzie sulla presenza delle truppe del Patto Atlantico vicino ai suoi confini. Adesso la parola torna di nuovo a Mosca che nei prossimi giorni avrà colloqui col presidente francese, Emmanuel Macron, con il segretario di Stato americano, Antony Blinken, e con la ministra degli Esteri britannica, Liz Truss. Ma il messaggio inviato dalla coalizione è chiaro: l’Ucraina deve poter scegliere i propri alleati senza alcuna ingerenza o minaccia esterna. Abbiamo fornito “un serio percorso diplomatico da seguire, qualora la Russia lo volesse”, ha dichiarato Blinken dopo aver annunciato che l’ambasciatore Usa si era recato al ministero degli Esteri di Mosca per consegnare le risposte richieste da Vladimir Putin. Ma la linea dell’Alleanza l’ha esplicitata il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, nel corso di una conferenza stampa straordinaria.

Lo ha fatto elencando i tre punti imprescindibili per la ripresa di un serio dialogo che porti a una de-escalation: “Innanzitutto – ha esordito – dovremmo ristabilire i nostri rispettivi uffici a Mosca e a Bruxelles. Secondo, dovremmo fare pieno uso dei nostri attuali canali di comunicazione militari per promuovere la trasparenza e ridurre i rischi e cercare anche di creare una linea di comunicazione civile per le emergenze“. Terzo punto, “dovremmo consultarci sui modi per prevenire incidenti in aria e in mare e impegnarci nuovamente a rispettare pienamente gli impegni internazionali sulle armi chimiche e biologiche. Infine, dobbiamo avere una conversazione seria sul controllo degli armamenti, comprese le armi nucleari e le armi a medio e corto raggio a terra. Queste aree rappresentano un’agenda per un dialogo significativo. E ho invitato gli alleati e la Russia a una serie di incontri per affrontare tutte queste questioni in modo più dettagliato nel Consiglio Nato-Russia. Gli alleati sono pronti a incontrarsi il prima possibile”. E alle accuse di “provocazioni” lanciate da Mosca, ha risposto ricordando che i militari di Mosca si trovano anche in Bielorussia, in Moldova e in Georgia: “La Russia ritiri le sue truppe da questi Paesi e avvii una seria de-escalation“, è stato il suo appello.

Nel caso in cui i colloqui dovessero fallire, ha poi dichiarato Stoltenberg rispondendo alle domande dei giornalisti, la Nato è pronta ad aumentare la propria “Forza di risposta costituita da circa 5.000 soldati e attualmente guidata dalla Francia, ma anche altri alleati contribuiscono con truppe a questo strumento che può essere schierato in pochi giorni. Poi abbiamo ulteriori truppe che possono essere dispiegate con breve preavviso. Per dispiegare le risorse della Nato o qualsiasi elemento della Forza di risposta abbiamo bisogno di una decisione del Consiglio del Nord Atlantico. E quella decisione verrà presa, se necessario”.

Intanto gli Stati Uniti stanno preparando quella che è già stata ribattezzata ‘la madre di tutte le sanzioni’. Un piano per colpire economicamente la Russia in caso di una nuova invasione dell’Ucraina che, sperano a Washington, funzioni soprattutto da deterrente contro una possibile azione militare. La bozza su cui sono partiti i negoziati è stata presentata dal presidente della commissione Esteri del Senato, Bob Menendez, e autorizza Joe Biden a colpire funzionari e istituzioni finanziarie con misure drastiche. E potrebbe raggiungere anche Vladimir Putin in persona. Un’ipotesi, questa, che ha scatenato la dura reazione del Cremlino, con il suo portavoce Dmitry Peskov che ha avvertito: in caso di sanzioni al presidente, queste risulteranno “politicamente dolorose” e “distruttive” per le relazioni tra Mosca e l’Occidente, aggiungendo che la legge russa vieta in linea di principio agli alti funzionari del Paese di possedere beni all’estero e che quindi le sanzioni non sarebbero “affatto dolorose” per Putin. Ma Washington ha fretta, dato che dal Dipartimento di Stato si aspettano “un possibile uso della forza militare” in Ucraina da parte della Russia “entro metà febbraio”.

Il piano in discussione a Capitol Hill sta ottenendo un consenso bipartisan e ieri sera proprio il presidente Biden non ha escluso di adottare sanzioni personali nei confronti di Putin, mossa finora evitata da Washington: “Questo dipende tutto da Putin, io penso che neanche i suoi sappiano con certezza quello che farà – ha affermato – Ad essere onesti, è un po’ come leggere le foglie di tè. Solitamente con un leader diverso, il fatto stesso che continui ad ammassare forze sul confine con l’Ucraina, dalla Bielorussia e tutto intorno, farebbe pensare ‘questo significa che intende fare qualcosa’. Ma quando si guarda al suo comportamento nel passato e a quello che tutti stanno dicendo e quello che sta succedendo, tutto dipende dalla sua decisione”.

Chi parla di “provocazione” è però anche il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, che parlando davanti alla Duma, il Parlamento russo, ha affermato che in Ucraina il blocco atlantista sta portando avanti una “vera provocazione. I nostri colleghi occidentali sono letteralmente in uno stato di frenesia militarista” e fanno “dichiarazioni isteriche”. “Siamo pronti a tutto – ha concluso – Noi non abbiamo mai attaccato nessuno, siamo sempre stati noi ad essere attaccati, e quelli che l’hanno fatto non se la sono cavata”. Andrei Turchak, alto funzionario della Duma, spinge invece per un’ulteriore militarizzazione dell’area: “In queste condizioni la Russia deve fornire l’assistenza necessaria alle Repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk fornendo armi per rafforzare le loro capacità difensive”, ha detto ai microfoni della televisione pubblica aggiungendo che le autorità di Kiev stanno “preparando un’aggressione militare”.

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