Si complica la situazione della fabbrica che aveva già vissuto un momento di difficoltà nel 2017. La crisi del diesel, secondo la Uilm, rischia di azzerare la produzione dei motori endotermici lasciando spazio a soli 450 occupati: "L'azienda porti qui la produzione di altre lavorazioni e il governo usi i soldi del Pnrr". Fiom: "Pronti a mettere in campo iniziative di lotta per difendere l'occupazione"
Settecento esuberi entro cinque anni su un organico di 1.700 dipendenti. Numeri che ad avviso dei sindacati certificato una situazione “perfino più grave”, poiché mettono a “rischio la sopravvivenza stessa della fabbrica”. Si complica la situazione della fabbrica Bosch di Bari, che aveva già vissuto un momento di grave crisi nel 2017, quando i licenziamenti vennero scongiurati facendo ricorso agli ammortizzatori sociali e alle uscite volontarie e incentivate di 190 persone. Quell’accordo è adesso in scadenza e la direzione aziendale, durante l’incontro in Regione Puglia, ha reso noto che sarà necessario tagliare di circa il 40% il personale.
“Dal punto di vista industriale, sono stati attirati nuovi prodotti sia nell’ambito tradizionale del diesel sia in nuovi settori. Ma la continua contrazione del diesel produce tuttora un pesante esubero – spiegano Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm, e Riccardo Falcetta, segretario della Uilm di Bari – Oggi sulle produzioni non diesel, innanzitutto sulla e-bike, lavorano difatti circa 350 persone ed è previsto l’impegno di ulteriori 100. Tuttavia l’80% circa della forza lavoro è ancora impegnato sul diesel, che continua a calare sempre più rapidamente a causa delle disposizioni europee. Più in particolare, il CP1H da 2,1 milioni di pezzi del 2017 è passato a 400mila pezzi nel 2022 e in pratica si azzererà nel 2027; il CP4 dagli attuali 720mila pezzi calerà a 455mila nel 2027″.
Così la direzione aziendale di Bosch ha formalmente dichiarato 700 esuberi nello stabilimento. Si prevede “l’adeguamento dell’organico entro cinque anni a 1.000 persone, con dunque 700 esuberi strutturali” ma “a ben vedere la situazione è perfino più grave, poiché le missioni produttive non diesel assegnate a Bari saranno in grado di dare lavoro a circa 450 persone, mettendo oggettivamente a repentaglio l’esistenza stessa dello stabilimento”, avvisano Ficco e Falcetta.
“L’azienda – spiegano Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil e Ciro D’Alessio, segretario generale Fiom-Cgil Bari – ha presentato un piano di richieste da condividere con le organizzazioni sindacali, ma non un piano industriale che partendo dalla valorizzazione della solidarietà produttiva e occupazionale degli stabilimenti italiani si assuma la responsabilità di ridefinire la missione industriale dello stabilimento garantendo la piena occupazione. Bosch Bari si è limitata invece ad annunciare la collaborazione con una società esterna incaricata di sondare il mercato per individuare progetti da sviluppare nei prossimi anni”.
“Come Uilm chiediamo a Bosch di adottare finalmente una logica di solidarietà italiana ed europea – rivendicano Ficco e Falcetta – a favore di Bari, poiché nel suo complesso la multinazionale tedesca va bene e sta investendo in nuove tecnologie, solo che lo sta facendo altrove”. La “solidarietà infragruppo” deve servire, esorta la Uilm, “non solo a portare a Bari lavorazioni che oggi addirittura sono affidate all’esterno, ma soprattutto ad assegnare una missione produttiva adeguata nell’ambito della green economy”.
“Con la Regione – aggiungono – abbiamo aperto un tavolo permanente di crisi e siamo d’accordo a contattare sia la casa madre sia il ministero dello Sviluppo economico. La riconversione di Bari deve essere una priorità nazionale: se la normativa europea vieterà i motori endotermici e se i soldi del PNRR sono davvero finalizzati alla transizione energetica, allora la priorità assoluta deve essere finanziare la riconversione industriale di grandi fabbriche, come la Bosch di Bari, oggi focalizzate sui motori endotermici”.
Un modus operandi, quello di Bosch, che per i metalmeccanici Fiom è “inaccettabile” e se non dovesse essere intrapreso un percorso comune per trovare una soluzione perseguendo “come priorità il taglio dell’occupazione e del costo del lavoro”, Marinelli e D’Alessio avvertono: “Metteremo in campo tutte le iniziative necessarie per la difesa dell’occupazione. Il governo deve convocare il tavolo di confronto, altrimenti costruiremo un’iniziativa di solidarietà e di lotta con tutti i lavoratori del gruppo e del settore per impedire che i lavoratori di Bosch Bari e dell’automotive paghino il prezzo sociale dell’incapacità del governo di mettere in campo risorse straordinarie sul settore”.