Dopo alcuni giorni di silenzio assoluto, in cui Silvio Berlusconi ricoverato al San Raffaele si trovava in precarie condizioni e non voleva parlare con nessuno, ora il telefono dell’ex premier ha ripreso a squillare. Complice anche il fatto che Licia Ronzulli (colei che filtra le chiamate dei suoi interlocutori) è fissa a Roma impegnata nelle votazioni per il Quirinale, deputati e senatori hanno trovato una strada più libera per parlare col leader. Ad alcuni non ha risposto, perché a una certa ora del pomeriggio si affatica, ma ad altri sì. L’ex Cavaliere è ricoverato per un’infezione, ma chi ci ha parlato assicura che è affetto anche da un abbattimento dell’umore: rinunciare al Colle per lui è stato un grande dolore che ancora non ha superato. “Ha passato giorni molto brutti, ma adesso è in ripresa”, ha rivelato il fratello Paolo. Così giovedì mattina Berlusconi ha risposto a Mario Draghi: qualche giorno fa il presidente del Consiglio gli aveva già telefonato, senza successo. Ora, invece, si sono parlati. Il premier gli ha fatto gli auguri di pronta guarigione e i due si sono promessi di vedersi presto, il prima possibile. Probabilmente c’è stato anche un passaggio sulla situazione quirinalizia, magari Draghi gli avrà chiesto il motivo del veto nei suoi confronti, ma su questo non v’è certezza. Sta di fatto che dopo qualche ora a Palazzo Chigi è entrato Antonio Tajani, per ribadire al premier che la posizione forzista non è cambiata: meglio che lui resti dov’è, per continuare nel migliore dei modi il suo compito.
Già il fatto che Berlusconi e Draghi si siano parlati, però, è un segnale di disgelo dopo i rapporti assai freddi degli ultimi tempi. Il leader forzista, infatti, non solo ha visto la candidatura del premier come un dito nell’occhio, ma si era anche offeso perché il capo del governo non gli ha fatto gli auguri a Natale. E per il leader di Forza Italia queste cose contano. Ma c’è anche un altro episodio che non gli è piaciuto: un incontro tenuto un paio di settimane fa a Palazzo Chigi in cui i tre ministri forzisti (Brunetta, Gelmini e Carfagna), insieme a Gianni Letta, avrebbero assicurato a Draghi il loro appoggio per il Colle.
Ma la telefonata di Draghi non è stata l’unica. Almeno una quindicina tra deputati e senatori hanno parlato con Berlusconi. E il tono delle telefonate, dopo il dovuto preambolo sulle condizioni di salute, è stato sempre lo stesso: un invito a tornare in pista per sbrogliare una matassa che sembra sempre più inestricabile. “Meloni e Salvini si stanno dimostrando due dilettanti, fanno confusione, procedono a zig zag senza riuscire portare avanti una candidatura seria di centrodestra, né a trovare la quadra col centrosinistra. Per questo c’è bisogno di Berlusconi: deve essere lui a risolvere la situazione, indicando un nome”, confidano in Transatlantico un paio di deputati azzurri che ci hanno parlato. “L’abbiamo caldamente invitato a rimettersi al centro della scena, a trattare lui in prima persona col centrosinistra per arrivare a un nome condiviso”, dicono. Ecco, sì, ma quale nome? I peones su questo sono divisi: chi gli ha sussurrato Casini, chi Draghi, chi un Mattarella bis, ma pure Marta Cartabia, Giuliano Amato e Sabino Cassese riscuotono simpatie. Nessuno ha suggerito la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati e tanto meno Franco Frattini (che invece Matteo Salvini sta rimettendo sul tavolo).
Il leader forzista non ha una ricetta in tasca. Si può dire però che abbia tirato un sospiro di sollievo per l’uscita di scena di Casellati (di altri candidati forzisti non vuol neppure sentir parlare) e pure che, al momento, Pierferdinando Casini “è il male minore”. Ma ai suoi occhi, nonostante Tajani, anche Draghi sta riprendendo quota. E a proposito di Casini, qualcuno assicura che l’ex presidente della Camera la scorsa estate abbia fatto un blitz, tenuto segreto, a Villa Certosa in Sardegna. Una visita breve, di cortesia, che però ha risollevato un rapporto che col tempo era andato logorandosi (nel 2006 l’Udc ruppe l’alleanza di centrodestra).
Ma gli “errori” di Salvini e Meloni non sono stati l’unico oggetto delle chiamate a Berlusconi: deputati e senatori azzurri si sono anche lamentati del modus operandi del duo Tajani-Ronzulli. Col primo che in uno degli ultimi vertici si sarebbe addirittura autocandidato al Colle. E verso i due si racconta pure che Marina Berlusconi nutra una sorta di rabbia gelida per aver fatto credere al padre di avere i voti per il Quirinale e poi mollarlo di punto in bianco. Resta ora da vedere se l’ex premier avrà la forza e la lucidità per tentare di dare una zampata da king maker all’impasse per il Colle. Se lo farà, dovrà muoversi con prudenza, perché i rapporti con gli alleati sono già tesissimi. Per molti peones azzurri ce ne sarebbe un gran bisogno. Per il vertice forzista un po’ meno.