di Alessandro Pezzini
Non posso dimenticare le poche baracche rimaste in piedi a Birkenau, la maggior parte delle quali assaltate dai polacchi al termine della guerra per ricavarne legna da ardere.
Non posso dimenticare il forno crematorio fatto saltare col tritolo dagli stessi nazisti per cercare di nascondere le loro nefandezze una volta compreso dell’imminente incursione nei campi da parte dell’Armata nella Vistola-Oder.
Non posso dimenticare di aver chiesto: “E tutte le ceneri dove sono?” alla guida che abbassò lo sguardo al terreno, proprio quello che stavo calpestando.
Non posso dimenticare, a proposito di ceneri, la teca presente ad Auschwitz con quell’unico pugno di polvere sopravvissuto e da cui è partita la ricostruzione consapevole degli avvenimenti.
Mentre i nazisti, in quei momenti concitati, si occupavano di cancellare le prove, un prigioniero raccolse una manciata di cenere e corse via. Morì nella fuga, ma un soldato notò quella mano chiusa, riuscì ad aprirla e tutto si collegò: le leggi razziali, la soluzione finale, la deportazione, quella polvere.
Quello in cui si trovavano non era un “normale” campo di lavoro. Era il Male.
Non posso dimenticare il brivido che ho provato osservando le finestre da cui 80 anni fa si affacciava Josef Mengele.
Non posso dimenticare che il Cavaliere della Repubblica Rino Rossi, mio nonno materno, quando discuteva con mia madre diceva: “Se io non fossi qui, tu non saresti lì”, riferendosi agli anni passati nei campi, quando venne messo al muro perché rubò delle bucce di patata per sfamarsi e si salvò perché riuscì a gridare, all’ultimo secondo, “Ich kann kochen”, io so cucinare. L’hanno risparmiato per ogni evenienza, mentre i suoi compagni caddero a terra esanimi.
Non posso dimenticare di mio nonno paterno, Bruno Pezzini, che scappava dal retro di casa per nascondersi nella cassapanca del vicino quando venivano a rastrellare perché lui, al Sabato Fascista, voleva farsi i fatti suoi e di certo non andava a celebrare chicchessia sotto costrizione.
Non posso dimenticare il freddo, la neve e il sarcasmo di noi ragazzini incoscienti improvvisamente ingoiato quando, come quel soldato, ci siamo resi conto di trovarci nei luoghi del Male.
Per quello che la mia famiglia ha vissuto e per quello che ho potuto osservare già in due viaggi in Polonia, sono un testimone dell’Olocausto e come tale mi impegnerò per tutta la vita a mantenerne viva la Memoria.