La Cei apre alla possibilità di un’indagine sulla pedofilia del suo clero. “In Italia – ha spiegato il segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Stefano Russo – ci sono 227 diocesi e oltre 27.500 parrocchie: se faremo un’indagine, la faremo in modo attento al fatto che sia significativa rispetto ai risultati. Non ci interessa tanto puntare sulla quantità, ma puntare sulla qualità. Se ci sarà un’indagine, vogliamo che i dati siano quanto più possibile attendibili”. Il presule ha sottolineato che “stiamo facendo un lavoro molto serio per la costituzione di una rete”, precisando che “al primo posto c’è l’attenzione alle vittime”. Monsignor Russo ha aggiunto, inoltre, che l’impegno della Cei è quello di “rafforzare l’azione di tutela delle vittime. In quasi la totalità delle diocesi ci sono centri di ascolto, oltre ai referenti diocesani e a quelli regionali. Vogliamo stare accanto a tutte le vittime. Questo lavoro di approfondimento nel segno dell’attenzione alle persone e della vicinanza alla vittime non esclude che si voglia realizzare l’indagine. Vedremo se si potrà realizzare”.
È la prima volta che la Cei apre alla possibilità di un’indagine sugli abusi del proprio clero da affidare a una commissione indipendente, così come avvenuto recentemente in Francia e Germania. La proposta era stata fatta durante l’ultima assemblea generale straordinaria della Conferenza episcopale italiana, nel novembre 2021, da monsignor Lorenzo Ghizzoni, vescovo di Ravenna-Cervia, che è anche presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili nella Chiesa. Ma il presule, e con lui i vertici della Cei, si erano subito scontrati contro il muro della stragrande maggioranza dell’episcopato italiano che aveva espresso il timore di uno tsunami ingestibile e richieste risarcitorie impossibili da sostenere. Formalmente l’ipotesi non era stata archiviata, ma rimandata all’assemblea generale prevista a maggio 2022 durante la quale sarà scelto il nuovo presidente della Chiesa italiana.
Le indagini sugli abusi del clero in altri Paesi europei hanno, però, riproposto il tema anche nel dibattito della Cei. Un tema non più rinviabile dopo i dati mostruosi emersi nella recente indagine sulla pedofilia nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, in un arco temporale di 74 anni, che ha tirato in causa anche il Papa emerito Benedetto XVI nel breve periodo del suo episcopato, dal 1977 al 1981. Ratzinger è stato, infatti, accusato di negligenza in quattro casi. Accuse respinte con forza dal Papa emerito, ma che hanno riaperto una ferita che appare sempre più insanabile all’interno della Chiesa cattolica. Da qui l’accelerazione nell’episcopato italiano.
“Circa la piaga degli abusi su minori e persone vulnerabili, – si legge nel comunicato della Cei – il Consiglio permanente ha confermato l’impegno, già espresso nella 75esima assemblea generale straordinaria, a implementare e rafforzare l’azione di tutela. La ricerca della giustizia nella verità non accetta giudizi sommari, ma si favorisce sostenendo quel cambiamento autentico promosso dalla rete dei Servizi diocesani per la tutela dei minori e dai Centri di ascolto, che vanno sempre più crescendo. Come ricordato durante l’assemblea, ‘la Chiesa vuole essere sempre accanto alle vittime, a tutte le vittime, alle quali intende continuare a offrire ascolto, sostegno e vicinanza, non dimenticando mai la sofferenza che hanno provato’”. Il via libera all’indagine è arrivato anche dall’ex presidente della Cei, il cardinale Camillo Ruini: “Non penso sia irrealizzabile. Le inchieste dovrebbero essere veramente indipendenti. La Chiesa deve avere il coraggio della verità anche quando è una verità molto dolorosa. Ma deve avere anche la saggezza di non essere autolesionista, di non mettere in piedi delle macchine che in realtà lavorino contro di lei”.