Un rapporto dei carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Treviso allunga l’ombra di un nuovo sospetto non solo sulla Miteni di Trissino, al centro del colossale inquinamento delle falde del Veneto, ma anche sui mancati controlli di Arpav, l’Agenzia della Regione Veneto per l’ambiente. Consegnato due mesi fa alla Procura di Vicenza, il documento contiene rivelazioni sul trattamento del GenX, una sostanza appartenente al gruppo dei Pfas di ultima generazione, e sul fatto che l’azienda avesse in qualche modo saputo dell’interessamento dei pubblici ufficiali alla sostanza. I fatti si riferiscono al 2018, quando già erano noto a tutti che lo stabilimento era la causa di un disastro ambientale senza precedenti, quando la magistratura già stava indagando e si stimava che una popolazione di 250mila veneti – nelle province di Vicenza, Padova e Verona – fosse vittime dell’acqua adulterata dalle sostanze perfluoroalchiliche. La notizia trapela dopo la pubblicazione di una severa relazione della Commissione parlamentare Ecomafie sulla diffusione dei Pfas in Veneto e in Piemonte, e nei giorni dalla ripresa del processo in corso a Vicenza contro i manager dell’azienda.
SEGNALAZIONE DALL’OLANDA – I carabinieri hanno voluto far luce su un episodio a dir poco inquietante. Il 18 giugno 2018 Arpav aveva comunicato la contaminazione da GenX (accertata in precedenza) alla Regione Veneto e il 6 luglio alla Provincia di Vicenza. Tutto nasceva da una mail partita nel mese di marzo da Christian Enno, del ministero dell’Ambiente olandese, e diretta all’architetto Maurizio Zanta, referente della Regione Veneto per i rifiuti transfrontalieri. Informava di un’indagine dell’ispettorato ambientale olandese su flussi di rifiuti contenenti GenX/FRD prodotti dalla Chemours di Dordrecht e diretti alla Miteni, per essere processati e rispediti in Olanda. Gli olandesi chiedevano informazioni su processo di lavorazione, misure preventive e smaltimenti. La Regione incaricava Arpav di accertamenti ed ecco, sei mesi dopo, il responso: nei pozzi a 500 metri dallo stabilimento Miteni erano state trovate tracce di GenX. Così il 5 luglio la Regione aveva sospeso l’importazione del rifiuto pericoloso.
“IMPIANTO PERFETTAMENTE PULITO” – L’annotazione di polizia giudiziaria fa parte del procedimento aperto nel 2019 a carico dei manager Miteni per inquinamento ambientale colposo e gestione di rifiuti non autorizzata di nuovi Pfas, cC604 e GenX. Il 13 luglio 2018 il Comitato Tecnico della Regione per l’emergenza Miteni aveva deciso la sospensione delle attività nello stabilimento. Un comunicato di Palazzo Balbi sosteneva che Arpav aveva dimostrato “efficienza nel mettere a punto metodiche analitiche oggi sconosciute”. La verità che sta emergendo è diversa. I carabinieri citano il verbale del Comitato da cui emergeva che prima di quella data (a giugno) Arpav aveva comunicato la messa a punto di un “metodo analitico” inedito, poi il 4 luglio aveva effettuato “una terza campagna di indagini su una decina di piezometri, la maggior parte interni allo stabilimento”. Il 5 luglio la vicenda era riportata dalla stampa e Arpav aveva emesso un comunicato sul ritrovamento della sostanza. Ma ecco il fattaccio: “Il giorno seguente (6 luglio, ndr) Arpav ha eseguito un sopralluogo in Miteni, riscontrando che la sezione di impianto in cui avviene il recupero di GenX era perfettamente pulita”. Roberta Cappellin, tecnico Arpav, aveva confermato: “Non si sono trovati più riscontri perché sia lo stoccaggio sia l‘impianto di trattamento sono risultati puliti”.
“CI CHIESERO NOTIZIE DI GENX” – È una fonte interna a Miteni a rivelare che un mese e mezzo prima degli accertamenti nei piezometri Arpav aveva chiesto esplicitamente informazioni su GenX. Davide Drusian, delegato Miteni per l’ambiente (è imputato in un altro processo in corso), ha messo a verbale: “Prima dell’arrivo della diffida avevo parlato con Bizzotto (Alessandro, dirigente addetto ai controlli Arpa Veneto, ndr) il quale mi aveva chiesto notizie sul GenX. Mi aveva chiesto di mandare la documentazione relativa alla produzione da un punto di vista amministrativo. Tali informazioni mi sono state chieste telefonicamente e io ho risposto via mail”. Prima di farlo aveva chiesto autorizzazione all’amministratore delegato Antonio Nardone. “In quella stessa occasione mi è stato chiesto (da Bizzotto, ndr) anche il cosiddetto standard e io l’ho consegnato ad una conferenza di servizi in cui l’ho incontrato”. Si tratta di una soluzione a concentrazione nota da usare come riferimento in una analisi chimica. Quindi Arpav l’aveva ricevuta da Miteni, mentre da un allegato del Comitato Tecnico emerge che “Arpav ha provveduto ad acquistare lo standard per effettuare le analisi, che sarebbe arrivato a maggio”.
IL VERTICE MITENI SAPEVA – Con quella richiesta, Miteni era stata allertata su possibili “controlli mirati”. L’azienda a giugno aveva risposto fornendo dati di analisi sui propri impianti, effettuati anche da strutture private esterne. Questa la tesi del Noe. Infatti la mail fu inviata per conoscenza all’amministratore delegato e ad altri due dirigenti. Ma non è finita qui: Bizzotto e Cappellin di Arpav – con tre mail inviate nei giorni precedenti – avevano chiesto assistenza tecnica a Miteni in vista del campionamento di sette pozzi che sarebbe avvenuto il 4 luglio 2018. Il 5 luglio la Regione aveva sospeso l’autorizzazione a importare i rifiuti, ma il 6 luglio l’ispezione Arpav aveva trovato gli impianti puliti.
INCHIESTA APERTA – Il rapporto dei carabinieri spedito al pm Barbara De Munari a novembre 2021 segnala alcune anomalie. Ad esempio il fatto che Arpav abbia anticipato a Miteni fin dal maggio 2018 di essere alla ricerca del GenX e che abbia addirittura anticipato l’intervento operativo nei pozzi del 4 luglio, mentre la prima comunicazione ufficiale dell’esistenza del problema GenX da parte della Regione è del 5 luglio, quando fu sospesa l’autorizzazione all’importazione. Il fatto che gli impianti fossero “stranamente puliti” il 6 luglio sarebbe una conseguenza di quei comportamenti, ora segnalati al magistrato. Di molti passaggi comunicativi della pratica, inoltre, non vi sarebbe traccia nei verbali delle conferenze dei servizi o del Comitato Tecnico regionale.
GREENPEACE: “FATTI GRAVI” – “Quanto emerge dall’indagine del Noe sull’operato di alcuni funzionari degli enti preposti ai controlli è di una gravità inaudita. Più che tutelare il territorio e la popolazione già pesantemente colpita dall’inquinamento, tali condotte sembrano vanificare i controlli ambientali a carico di Miteni”, è il commento di Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. “In passato abbiamo presentato diversi esposti per chiedere verifiche sui possibili profili di responsabilità da parte di funzionari pubblici. Alla luce di questo rapporto ci aspettiamo un’azione rapida ed efficace di accertamento da parte della magistratura”.