La Corte ha ritenuto di non poter dichiarare illegittima la normativa sulle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza solo perché da una simile pronuncia deriverebbe ''l'integrale caducazione del sistema, che costituisce il risultato di un faticoso ma ineludibile processo di superamento dei vecchi Opg”, con la conseguenza di “un intollerabile vuoto di tutela di interessi costituzionalmente rilevanti”. Ma la situazione attuale "non tutela in modo efficace né i diritti fondamentali delle potenziali vittime di aggressioni né il diritto alla salute del malato"
Sulle Rems, le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza che hanno sostituito dal 2012 gli Ospedali psichiatrici giudiziari, è urgente una legge. E’ il monito che la Corte costituzionale rivolge al legislatore chiedendo di procedere senza indugio a una complessiva riforma di sistema. L’applicazione concreta delle norme vigenti in materia di residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza nei confronti degli autori di reato affetti da patologie psichiche presenta infatti, secondo la Consulta, numerosi profili di frizione con i principi costituzionali, che il legislatore deve eliminare al più presto.
Con la sentenza 22 depositata giovedì(redattore Francesco Viganò) sono state dichiarate inammissibili le questioni sollevate dal Gip del Tribunale di Tivoli a proposito della disciplina sulle Rems. Ma la Corte ha ritenuto di non poter dichiarare illegittima la normativa solo perché da una simile pronuncia deriverebbe ”l’integrale caducazione del sistema delle Rems, che costituisce il risultato di un faticoso ma ineludibile processo di superamento dei vecchi Opg”, con la conseguenza di “un intollerabile vuoto di tutela di interessi costituzionalmente rilevanti”.
Dall’istruttoria disposta dalla Corte è emerso, in particolare, che sono tra 670 e 750 le persone attualmente in lista d’attesa per l’assegnazione ad una Rems, che i tempi medi di attesa sono di circa dieci mesi, ma anche molto più lunghi in alcune Regioni, e che molte di queste persone, ritenute socialmente pericolose dal giudice, hanno commesso gravi reati, anche violenti. Le Rems sono state concepite dal legislatore, nel 2012, come strutture residenziali caratterizzate da una logica radicalmente diversa dai vecchi ospedali psichiatrici giudiziari. Sono pensate in funzione di un percorso di progressiva riabilitazione sociale: si tratta di strutture di piccole dimensioni che devono favorire il mantenimento o la ricostruzione dei rapporti con il mondo esterno, alle quali il malato mentale può essere assegnato soltanto quando non sia possibile controllarne la pericolosità con strumenti alternativi, per esempio con l’affidamento ai servizi territoriali per la salute mentale. L’assegnazione alle Rems resta però nell’ordinamento italiano una misura di sicurezza, disposta dal giudice penale non solo a scopo terapeutico ma anche per contenere la pericolosità sociale di una persona che ha commesso un reato.
Ciò comporta, ha osservato la Corte, la necessità di rispettare i principi costituzionali sulle misure di sicurezza e sui trattamenti sanitari obbligatori, tra cui la riserva di legge: ossia l’esigenza che sia una legge dello Stato a disciplinare la misura, con riguardo non solo ai “casi” in cui può essere applicata ma anche ai “modi” con cui deve essere eseguita. Al contrario, oggi la regolamentazione delle Rems è solo in minima parte affidata alla legge; in gran parte è rimessa ad atti normativi secondari e ad accordi tra Stato e autonomie territoriali, che rendono fortemente disomogenee queste realtà da Regione a Regione. La Corte ha poi sottolineato che a causa dei suoi gravi problemi di funzionamento il sistema non tutela in modo efficace né i diritti fondamentali delle potenziali vittime di aggressioni, che il soggetto affetto da patologie psichiche potrebbe nuovamente realizzare, né il diritto alla salute del malato, il quale non riceve i trattamenti necessari per aiutarlo a superare la propria patologia e a reinserirsi gradualmente nella società.
La Corte ha inoltre osservato che la totale estromissione del ministro della Giustizia da ogni competenza in materia di Rems, e dunque in materia di esecuzione di misure di sicurezza disposte dal giudice penale, non è compatibile con l’articolo 110 della Costituzione, che assegna al Guardasigilli la responsabilità dell’organizzazione e del funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
Di qui il monito al legislatore affinché proceda, senza indugio, a una complessiva riforma di sistema, che assicuri un’adeguata base legislativa alla nuova misura di sicurezza, la realizzazione e il buon funzionamento, sull’intero territorio nazionale, di un numero di Rems sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni, nel quadro di un complessivo urgente potenziamento delle strutture sul territorio in grado di garantire interventi alternativi adeguati alle necessità di cura e a quelle, altrettanto imprescindibili, di tutela della collettività e infine forme di coinvolgimento del ministro della Giustizia nell’attività di coordinamento e monitoraggio del funzionamento delle Rems e degli altri strumenti di tutela della salute mentale degli autori di reato.