A tre mesi dal deposito della perizia che ha certificato che Camilla Canepa, 18 anni, è morta a causa di una trombosi provocata dal vaccino, un nuovo elemento si aggiunge agli delle indagini della procura di Genova che indaga sul caso. Ebbene il personale sanitario dell’ospedale di Lavagna sapeva che la ragazza, che non aveva patologie e non assumeva altri farmaci, era stata vaccinata con una dose di Astrazeneca il 25 maggio durante un open day. Un particolare emerso dalle audizioni dei medici fatte dai pubblici ministeri Francesca Rombolà e Stefano Puppo insieme al procuratore Francesco Pinto. La studentessa è morta il 10 giugno scorso per una trombosi. Le prime segnalazioni di possibili, anche se rari eventi, erano state segnalate da scienziati a marzo e in aprile era ormai noto che il composto a vettore virale poteva innescare quella che poi è stata chiamata Trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino (Vitt). Per cui erano stati già messi a punto protocolli di intervento.

I pm avevano convocato i sanitari per verificare come mai nella documentazione clinica del primo ricovero non fosse stato indicato che la giovane aveva ricevuto il vaccino anglo-svedese. Secondo i genitori della ragazza al momento del primo accesso era stato detto. Inoltre, dalle indagini era emerso che Camilla mandò un messaggio sul cellulare a un conoscente dicendo che la stavano trattenendo in ospedale “per il vaccino”. Dopo i primi casi segnalati a marzo scorso la decisione dell’Agenzia europea del farmaco era stata – in considerazione del rapporto rischi/benefici e in presenza di pochissimi eventi – di non limitare l’uso per fascia d’età. Ma subito dopo erano arrivate le contestuali decisioni degli enti regolatori nazionali di diversi paesi europei di introdurre una soglia di raccomandazione per età se non addirittura di sospendere l’uso del composto. Come era accaduto in Norvegia e Danimarca. Francia e in Belgio che avevano fissato la soglia a 55 anni, la Spagna ha invece deciso di limitare l’uso del vaccino solo a chi è nato tra il 1952 e il 1961, cioè i 60-69enni, Germania e Italia avevano raccomandato l’uso agli over 60. Nonostante questo in alcune regioni erano stati programmati open day aperti a tutti anche con il vaccino in questione.

Per quanto riguarda l’indagine c’è da capire perché non sia stato scritto nella cartella clinica che la 18enne aveva ricevuto il vaccino. Un dettaglio cruciale, quello della mancata indicazione della vaccinazione, anche per il supplemento di indagine chiesto al medico legale Luca Tajana e all’ematologo Franco Piovella. I magistrati invieranno ai consulenti quanto emerso dalle sommarie informazioni dei medici. Camilla era stata vaccinata il 25 maggio e il 3 giugno era andata all’ospedale di Lavagna per una fortissima cefalea e fotosensibilità. La giovane era stata dimessa l’indomani, dopo una tac senza contrasto, nonostante le piastrine fossero in forte discesa, un segnale che potesse essersi innescata la Vitt. Era ritornata allo stesso ospedale il 5 giugno in condizioni disperate per una trombosi al seno cavernoso. Trasferita al policlinico San Martino di Genova era stata operata alla testa, ma morì il 10 giugno. Nel secondo accesso all’ospedale di Lavagna la vaccinazione era stata indicata. A maggio esistevano già le prime linee guida per diagnosticare la Vitt, la sindrome da vaccino appunto, che prevedevano di procedere con una tac con liquido di contrasto tra gli accertamenti. Ed esisteva anche il protocollo per contrastarla.

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