Cultura

Fatma, una storia di emancipazione femminile tra realismo e magia

di Federica Pistono *

Per la collana Nisa’, dedicata alla narrativa araba a firma femminile, MR Editori ha recentemente pubblicato il romanzo Fatma, della scrittrice saudita Raja Alem, già nota ai lettori italiani per i romanzi Il collare della colomba (Marsilio, 2014) e Khatem, una bambina d’Arabia (Atmosphere Libri, 2016).

Nell’opera, l’autrice ricorre alla tecnica narrativa del realismo magico, in cui l’elemento favoloso e quello realistico si fondono per creare un universo misterioso in cui si alternano tempi e spazi diversi, allo scopo di mettere in discussione le convinzioni e gli usi della società saudita contemporanea in materia di genere, ideologia di genere e questione femminile, temi centrali nella fiction saudita contemporanea.

La storia s’incentra sulla vita di Fatma, una giovane che vive alla Mecca, costretta dal padre a sposare l’ambiguo Sajir, un uomo analfabeta e crudele, allevatore di serpenti e commerciante di veleni. Il matrimonio si rivela profondamente infelice: come la moglie di Barbablù, Fatma vive reclusa nella sua piccola casa di due stanze, in una delle quali il marito le ha proibito di entrare. La protagonista diventa così una donna in gabbia, un oggetto decorativo isolato dal mondo esterno, riservato ai piaceri del marito, un bruto la cui prima moglie è morta in circostanze misteriose.

Per sconfiggere il terribile senso di solitudine e sconfitta, Fatma passa inaspettatamente dalla sottomissione alla ribellione, cercando di scoprire il mistero che avvolge la vita del marito, la passione per i serpenti, la sua attività di mercante di veleni e soprattutto la morte oscura della sua prima moglie. Decide così di disobbedirgli e di entrare nella stanza proibita. A questo punto, il romanzo si allontana dal piano realistico per entrare nella dimensione del fantastico, del viaggio soprannaturale, trasformandosi in una storia di magia ed emancipazione femminile. Grazie al morso di un serpente, Fatma subisce una metamorfosi che determina una bizzarra fusione di elementi animali e umani, fisici e spirituali, naturali e soprannaturali, in un inquietante connubio di vita e morte.

Il morso del serpente dona alla donna il potere di accedere a una dimensione ultraterrena, a uno spazio situato tra il regno magico dei demoni e la casa del marito. Il corpo di Fatma assume poteri straordinari, la giovane si trasforma in una figura che sembra uscita da un romanzo di Marquez, una “donna serpente” dotata di attributi soprannaturali che le permettono di vedere nel buio e compiere viaggi al di fuori del proprio corpo. Attraverso la guida di Nur, un demone serpentino per metà leone e per metà umano, disegnato su un’urna di ottone, Fatma affronta i recessi più oscuri e segreti della sua mente per indagare la sua identità socialmente circoscritta.

Come risultato della sua trasformazione, Fatma non solo è in grado di confondere le aspettative di Sajir, ma anche di assumersi i compiti del marito nella cura dei serpenti. Al crescente senso di potere e di progresso verso la realizzazione di Fatma, si contrappone lo svilimento del ruolo di Sajir e la sua incertezza sulla sua capacità di mantenere il controllo sulla moglie.

Fatma intraprende un misterioso viaggio a Najran, nel sud-ovest della penisola arabica, guidata ancora da Nur, che la aiuta a scoprire abitanti e costumi della regione. Attraverso il suo lungo viaggio iniziatico, la protagonista acquisisce la conoscenza, vendicandosi della violenza spietata del marito, e s’imbatte nel principe Taray, un malinconico eroe guerriero. L’incontro le permette per esplorare un altro aspetto sconosciuto della sua personalità, il risveglio alla sensualità del suo corpo e il superamento della sua riservatezza femminile.

Il romanzo presenta una struttura binaria, non solo perché basato su due aspetti, l’elemento realistico e quello magico, ma perché è articolato in due tempi: la prima parte della storia è ambientata alla Mecca, e rappresenta la fase della vita in cui la protagonista è dapprima oppressa, poi impegnata ad appropriarsi della propria vita e libertà; la seconda parte è collocata a Najran. Mentre l’ambientazione cittadina è soffocante e claustrofobica, il viaggio e il soggiorno a Najran sono caratterizzati da ampi spazi aperti, dalla visione di nuovi panorami, dall’attraversamento del deserto, dall’incontro con l’amore e la sessualità.

Seppur binaria, realistica e magica, soffocante e liberatoria, la scrittura è anche circolare, perché la storia si conclude con il ritorno a casa di Fatma, in un finale forte, drammatico e incredibilmente femminista per una scrittrice saudita.

* Dottore di Ricerca in Letteratura araba, traduttrice, arabista, docente, si occupa di narrativa araba contemporanea e di traduzione in italiano di letteratura araba