“Insussistenza del fatto” perché la reazione della donna ai suoi palpeggiamenti non è arrivata subito ma soltanto dopo “almeno venti secondi”. Con questa motivazione i giudici del tribunale di Busto Arsizio, tre donne, hanno assolto il sindacalista della Fit Cisl, Raffaele Meola, denunciato nel 2018 dall’assistente di volo Barbara D’Astolto perché le aveva messo le mani addosso durante un incontro di lavoro negli uffici del sindacato presso l’aeroporto di Malpensa. Per la legale di parte civile, Teresa Manente, la sentenza è “intrisa di pregiudizi sessisti, ancora una volta si addossa alla donna la responsabilità del crimine“.
D’Astolfo, 45 anni, due figli, al Corriere della Sera racconta di essere “arrabbiata. Non ho versato una lacrima ma sono proprio arrabbiata perché fatico a capire se una donna ha o no il diritto ad aver paura per venti secondi prima di capire come reagire alle mani addosso di un uomo”. La sua ricostruzione è stata ritenuta “credibile” ma, appunto, la molestia non è stata riconosciuta perché non rifiutata immediatamente. Questo, spiega, perché “è stata una situazione repentina, inattesa. Ero in un ufficio sindacale, concentrata su una questione delicata che riguardava la mia vita lavorativa e familiare. E all’improvviso mi sono ritrovata le sue mani addosso”. Di conseguenza “Sono rimasta impietrita per alcuni secondi. È ammissibile questo?“. Del resto in passato “c’è stato un giudice che ha affermato che indossare il perizoma è una provocazione, un altro che ha detto che la vittima era brutta e che quindi non poteva indurre in tentazione, un altro che ha sottolineato i comportamenti libertini della donna”. Adesso “apprendo che anche la paura non conta. Ma vorrei capire se le cose stanno davvero così, sapere se alle mie figlie dovrò spiegare che se mai capiterà anche a loro avranno venti secondi per reagire altrimenti meglio tacere e prendersi le mani addosso”, continua la 45enne.
Alla domanda se abbia avuto qualche segnale di solidarietà degli ambienti sindacali, la risposta un secco “Zero“. “Una grande delusione, perché io ho sempre creduto nei sindacati. Qualcuno poteva dire almeno un ‘mi dispiace‘. In fin dei conti è avvenuto negli uffici della Fit Cisl. Sia pure riservandosi il diritto al dubbio… Istituiscono sportelli per le donne, le invitano a denunciare, ma se poi sono questi gli atteggiamenti come si fa a crederci? Persino le colleghe che hanno testimoniato per me stanno subendo ostracismo e isolamento dalla UilTrasporti”. La donna conferma la sua volontà di fare appello perché vuole sapere “da altri giudici se davvero avevo soltanto venti secondi per decidere come reagire a quelle mani addosso”.