Crollo nel comparto dei servizi, dove il settore del trasporto e magazzinaggio e quello turistico registrano forti cadute. Unici segnali positivi dal commercio al dettaglio e dal comparto delle costruzioni nel quale le aspettative sull'occupazione aumentano. In calo anche la fiducia dei consumatori: peggiorano le attese sulla situazione economica dell’Italia e sull'andamento della disoccupazione.
Mentre l’inflazione galoppa e gli analisti tagliano le stime di crescita globali, comprese quelle dell’Italia, la fiducia nell’evoluzione della situazione economica crolla. A gennaio, secondo l’Istat, l’indice di fiducia delle imprese è sceso al valore più basso degli ultimi nove mesi. E anche l’indice di fiducia dei consumatori registra una flessione, “seppur più contenuta” rispetto al comparto produttivo, dovuta soprattutto “al peggioramento delle attese sulla situazione economica dell’Italia e sull’andamento della disoccupazione“.
Per le imprese l’intensità della diminuzione è determinata dal repentino calo nel comparto dei servizi, dove il settore del trasporto e magazzinaggio e quello turistico registrano forti cadute come conseguenza dell’evoluzione della pandemia. Unici segnali positivi provengono dal commercio al dettaglio, con i giudizi sulle vendite in lieve miglioramento, e dal comparto delle costruzioni nel quale le aspettative sull’occupazione aumentano decisamente complice ancora una volta il Superbonus. Se nella manifattura e nei servizi tutte le variabili peggiorano, nelle costruzioni si deteriorano i giudizi sugli ordini ma aumentano le aspettative sull’occupazione, appunto. Con riferimento al commercio al dettaglio, migliorano i giudizi sulle vendite correnti mentre diminuiscono le aspettative sulle vendite future e le scorte sono giudicate in accumulo. A livello di circuito distributivo, la fiducia è in diminuzione nella grande distribuzione mentre migliora in quella tradizionale.
Sulle aspettative pesa ovviamente anche l’andamento dei prezzi: a dicembre i prezzi alla produzione dell’industria sono aumentati dello 0,8% su base mensile e del 22,6% su base annua. Nella media del 2021, i prezzi segnano un crescita del 10,7% (era -3,4% nel 2020), la più alta dal 2000, ossia da quando è disponibile la serie storica dell’indice per il mercato totale. L’incremento è molto più sostenuto sul mercato interno (+12,9%) che su quello estero (+4,9%). Al netto dell’energia, i prezzi aumentano in media d’anno del 5,1%.
Per quanto riguarda i consumatori, spiega l’Istat nella sua nota, “tutte le componenti” dell’indice sono in calo, soprattutto quelle riferite al clima economico (l’indice passa da 139,6 a 129,7) e al clima futuro (da 120,8 a 113,5). La flessione è contenuta per la componente personale (da 110,4 a 109,0) e per quella corrente (da 115,6 a 114,7).