Non so chi diventerà il Presidente della Repubblica. Sono molto preoccupato visto che in pole position ci sono il capo dei banchieri e la rappresentante dei servizi segreti.

Detto questo, un risultato però la campagna mediatica relativa all’elezione del Presidente della Repubblica lo ha già ottenuto ed è di screditare pesantemente l’istituto della democrazia parlamentare e l’elezione indiretta del capo dello Stato.

Cosa voglio dire? Che l’elezione del Presidente della Repubblica, con le sagge regole a cui deve sottostare, costringe alla convergenza tra le parti politiche. Chi ha scritto la Costituzione dopo la dittatura fascista ha costruito un sistema di pesi e contrappesi in cui il Presidente della Repubblica deve svolgere il ruolo di garante della Costituzione e non fare il capo del paese. Il suo essere garante viene ricercato attraverso la convergenza delle parti politiche. Nello schema dei costituenti questo veniva fatto con una legge elettorale proporzionale e quindi la ricerca era addirittura più ampia di oggi, con un parlamento deformato nella sua rappresentanza dagli sbarramenti e da premi di maggioranza.

Per eleggere una persona condivisa, è normale che vi siano più votazioni, nel passato è successo che ve ne fossero decine. Per non fare che un esempio, il miglior Presidente che l’Italia abbia mai avuto, il compianto Sandro Pertini, venne eletto alla sedicesima votazione, dopo giorni e giorni di discussioni e votazioni andate a vuoto. Mi verrebbe da dire che non solo è normale che vi siano varie votazioni, ma che è bene! La democrazia si misura con gli effetti positivi negli anni e nei decenni, non con la rapidità cronometrica del suo esercizio. Più si tagliano i tempi e più si fanno scelte idiote, dettate unicamente dall’efficacia dell’ultima campagna pubblicitaria in corso… La democrazia non deve sottostare alle regole della produzione di un panettone. La democrazia non deve – meglio dire non dovrebbe – sottostare alle leggi di mercato.

Cosa è avvenuto invece in questi giorni?

E’ avvenuto che l’elezione del Presidente della Repubblica è stata spettacolarizzata oltre ogni modo e trasformata in una gara automobilistica costellata da false partenze. Le trasmissioni televisive che hanno il problema di fare audience per raccattare pubblicità – come tutti i giornali mainstream – hanno trasformato questo lento processo democratico in una sorta di Gran Premio in cui non si fa altro che far ripetere la partenza, senza concludere nulla… L’attesa teatralizzata e reiterata del vincitore, in un contesto narrativo in cui ci sono solo false partenze, produce un solo sentimento popolare: non sono capaci, lascino perdere…

In secondo luogo, com’è noto, la funzione parlamentare non gode oggi di un grande consenso popolare. I motivi sono tanti, il colpevolmente mai risolto problema degli stipendi, in questo caso diventa un punto dirimente: “non sono capaci e li paghiamo pure… mentre noi siamo qui a lavorare (o vorremmo lavorare) loro sono li a perdere tempo…”.

Il combinato disposto di questi elementi (e di molti altri che non ho lo spazio per riportare in questa sede) ha quindi prodotto un grande e devastante risultato politico: costruire la base di consenso popolare per la campagna volta a scardinare la Costituzione trasformandola in senso presidenzialistico. La teatralizzazione – irrispettosa della lentezza dei processi democratici – ha prodotto un sentimento funzionale alla riduzione della democrazia nel paese.

Qualcuno pensa che questo sia accaduto a caso? Non credo. Da decenni la democrazia è diventata un ostacolo per il capitalismo neoliberista e la semplificazione autoritaria della rappresentanza è la strada maestra attraverso cui stanno azzerando la democrazia sostanziale, mantenendone intatte le forme estetiche.

La lotta per la democrazia riprende quindi dopo questa elezione presidenziale da una condizione di maggiore difficoltà. In primo luogo pone il problema della libertà di informazione in Italia. La concentrazione dell’informazione in poche mani di ricchi e potenti “editori” è diventato un problema enorme nella costruzione del senso comune di massa e quindi per la democrazia nel paese.

In secondo luogo, la nostra lotta – per forza di cose – dovrà misurarsi non solo con la difesa della Costituzione ma anche con la costruzione di forme di partecipazione democratica dei cittadini che allarghino – invece di restringere – la democrazia. Questa è la sfida: per difendere la democrazia conquistata grazie alla lotta partigiana dobbiamo individuare le forme di partecipazione popolare che sottraggano il popolo italiano alla gigantesca opera di manipolazione a cui è sottoposta da decenni. Di questo dovremmo discutere.

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