Maltrattamenti in famiglia e tentata costrizione al matrimonio. Con queste accuse i genitori di una ragazzina di 14 anni, cittadini del Bangladesh e residenti a Ostia, sono stati raggiunti dalla misura cautelare del divieto di avvicinamento e di comunicazione alla persona offesa. Lo scorso novembre, la quattordicenne aveva denunciato ai Carabinieri di essere stata vittima di comportamenti oppressivi, con violenze fisiche e verbali in particolare da parte della madre e dal fratello, ogni volta che si ribellava al rispetto delle rigide regole della tradizione culturale e religiosa. I familiari le imponevano di indossare il velo, controllavano le sue conversazioni telefoniche e l’utilizzo della televisione, le impedivano di frequentare i coetanei fuori dalla scuola, picchiandola se non obbediva. Circa un anno fa, poi, hanno annunciato che avrebbe dovuto sposare un suo connazionale in Bangladesh, del tutto sconosciuto, pur sapendo che il suo sogno era quello di diventare chirurgo. Se si lamentava veniva picchiata.

L’ultimo episodio è avvenuto lo scorso 13 novembre quando la madre e la sorella maggiore, che si trovavano in Bangladesh, le hanno detto di averle comprato un burka e di essere di ritorno in Italia per prenderla con sé e portarla in Bangladesh, per darla in sposa a un connazionale. Quando ha risposto che non voleva, il fratello l’ha schiaffeggiata violentemente facendola cadere a terra e sbattere la testa contro un armadio. A quel punto la ragazza è scappata di casa ed è andata dai Carabinieri di Ostia per denunciare. E’ stata collocata in una struttura protetta. Il provvedimento cautelare nei confronti dei genitori quarantenni, emesso dal Tribunale di Roma su richiesta della Procura, è arrivato dopo che le indagini hanno permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza sulle vessazioni subite dalla ragazza.

L’episodio richiama alla mente la vicenda di Saman Abbas, la 18enne di origini pachistane che viveva a Novellara, nella Bassa reggiana, svanita nel nulla dopo il rifiuto di un matrimonio combinato. Anche Saman, dopo la denuncia, era stata collocata in una struttura protetta, poi una volta maggiorenne aveva deciso di tornare a Novellara. La giovane, all’epoca ancora minorenne, si era rivolta ai servizi sociali e i genitori erano stati denunciati con l’accusa di costrizione o induzione al matrimonio (il reato è stato introdotto nel 2019 con il Codice rosso). La cerimonia era stata fissata per il 22 dicembre, con biglietti aerei acquistati il 17 dicembre. Ma la ragazza aveva deciso di opporsi e aveva chiesto aiuto. La giovane era scomparsa e in seguito si era scoperto che alcuni membri della sua famiglia l’avevano uccisa e avevano seppellito il suo cadavere, che non è stato mai ritrovato. Nell’ordinanza del Tribunale del Riesame di Bologna si legge che il movente è stato “temibile sinergia tra i precetti religiosi e i dettami della tradizione locali (che arrivano a vincolare i membri del clan ad una rozza, cieca e assolutamente acritica osservanza pure della direttiva del femminicidio)”.

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