di Alessandro Pezzini
È avvenuto ciò che noi povera gente dicevamo fin dall’inizio: Mattarella bis? Sì, ma lui accetta solo se i leader uniti glielo chiedono in ginocchio. Ma poi forse Mario Draghi era meglio, oppure da Presidente della Repubblica garantiva di meno. Poi una donna, ma che brutto detto così. E poi tra il no ai servizi e il no al bruciare nomi e cariche è partito il tiro alla fune che ha portato al Mattarella bis con conseguente svilimento della politica tutta, che ha mostrato in questi giorni il suo peggio.
Mattarella è stato eletto per il secondo mandato da Presidente della Repubblica e in molti, dal Parlamento, esultano cercando di intestarsene impropriamente il merito. Sarebbe stato più efficace intestarsi l’operazione se effettivamente fosse stata l’iniziativa di qualcuno, così come sette anni fa, come alla stesura del contratto di governo gialloverde, come al Conte due quando Matteo Renzi dichiarò pubblicamente di aver fatto una manovra di palazzo e come abbiamo parlato di Draghi settimane prima della sua convocazione proprio da Mattarella.
Se qualcuno avesse alternato in ciascuna comunicazione il nome Mattarella a ogni nome uscito, sarebbe stato intuitivo da parte dell’elettorato che il Parlamento, dopo un’ostinazione durata una settimana, avesse deciso di ascoltarlo e cedere alla sua proposta. Oggi, gli elettori di Mattarella possono uscire vincitori solo in discorsi tecnici tra tecnici. In un dibattito con un parlamentare della Lega, ad esempio, un omologo di Italia Viva può dire che all’origine delle cose Mattarella sia un nome del Pd renziano.
Ma insomma: “Il pallone l’ho portato io” è diverso da “abbiamo vinto grazie ad un mio goal”.
Fossi in Parlamento, non lavorerei a intestarmi l’operazione perché altri possono farlo in maniera più efficace, come Matteo Salvini che pubblicamente ha chinato il capo e risulta come quello che ha chiesto, dopo trenta proposte fallaci, di andare tutti a implorare Mattarella di restare al suo posto. Lavorerei alzando le mani e dicendo che questo Parlamento non poteva trovare una soluzione, perché la maggioranza di governo si contrappone alla naturale alleanza di coalizione. È il brutto dei governi di divisione nazionale come il nostro.
Siamo realisti. Passata questa settimana indecente, i partiti devono guardare al futuro e lavorare per essere protagonisti in forti coalizioni in grado di contrastare le demagogie, perché l’ossessiva ricerca del trend ha portato a un’insensata frammentazione delle forze politiche di questo Paese. Penso che questa avventura che li aspetta sia meno consolatoria e più stimolante del cercare di scrivere il proprio nome tra quello dei vincitori di questa battaglia.
Ha perso il Parlamento e ha perso l’elettorato frammentato. Hanno paradossalmente vinto le forze politiche che Mattarella non l’hanno votato, come la federazione Azione/+Europa o Fratelli d’Italia, perché sono riusciti a mantenersi fuori da un teatrino da pelle d’oca. Ha vinto Mario Draghi che esce da questa situazione come il grande mediatore che ha fatto convergere sulla soluzione tutte le forze politiche (per questo la sua presenza è ancora necessaria a Palazzo Chigi!). Ha vinto la politica che si faceva sette anni fa quando il Parlamento era come forse non potrà più essere nei prossimi anni.
Non ha senz’altro vinto l’Italia, se Mattarella è insostituibile. Se Mattarella è insostituibile, il vincitore è lui stesso e noi ne siamo felici. Ma i nostri politici devono lavorare per far sì di non essere più sfiorati da questo imbarazzo generale che si tocca con mano e che in questo momento butta giù un po’ tutti.