La canzone è stata presentata in gara il 29 gennaio del 1982 nella seconda serata, condotta da Claudio Cecchetto e Patrizia Rossetti. Il rocker, allora 29enne, ha fatto rumore con la sua esibizione. Letteralmente
Vasco Rossi e il Festival di Sanremo. Un rapporto duraturo negli anni, prima come concorrente in gara con due partecipazioni, una nel 1982 con “Vado al massimo” (si classificò ultimo) e una l’anno successivo, nel 1983, con “Vita spericolata” (finì penultimo). Poi negli anni a seguire diverse partecipazioni come autore, per Irene Grandi (“La tua ragazza sempre” e “Finalmente io”), Gli Stadio (“Lo zaino”) e Patty Pravo (“E dimmi che non vuoi morire”). Quindi la presenza come super ospite per il Festival di Paolo Bonolis, nel 2005, quando ha aperto la Finale con il chitarrista Maurizio Solieri sulle note di “Vita spericolata” e “Un senso”. E, infine, anche quest’anno si è vociferato che il rocker sarebbe stato ospite al Festival di Amadeus, ma pare che non sarà così, a meno di sorprese dell’ultima ora.
E così, forse proprio per questo lungo rapporto, l’artista ha voluto con un post su Facebook ricordare la sua “prima” volta a Sanremo con “Vado al massimo”. La canzone è stata presentata in gara il 29 gennaio del 1982 nella seconda serata, condotta da Claudio Cecchetto e Patrizia Rossetti. Il rocker, allora 29enne, ha fatto rumore con la sua esibizione. Letteralmente: al termine della canzone Vasco si è infilato il microfono in tasca per passarlo al cantante successivo, solo che sbadatamente è scivolato dalla tasca sbattendo a terra, creando un suono assordante nel silenzio del teatro. Alcuni hanno puntato il dito contro l’artista perché non rispettoso della kermesse, in realtà è stato un semplice e banale incidente.
“Per quello che ho da fare…Vado al massimo…Vado a Sanremo: mi butto nella gara e arrivo alla finale del sabato sera. Poi tra gli ultimi della classifica finale ma, come si sa, ‘beati gli ultimi’ e io ero beatissimo del mio successo, avevo fatto centro. – ricorda Vasco nel lungo post sui social – Ci andai perché Ravera in persona (il factotum del Festival allora) mi offriva la platea nazionale della televisione garantendomi soprattutto la libertà di fare quello che volevo. Geniale Ravera, aveva capito che la musica nell’aria stava cambiando e che io rappresentavo il nuovo. Per questo accettai l’invito e ci andai. Ci andai da solo, perché nessuno dei miei fidati collaboratori di allora, leggi Guido Elmi in primis, volle accompagnarmi, non ci credevano. Io, invece, sapevo bene quello che facevo. Avevo già scritto canzoni come Jenny, Albachiara, La noia, La nostra relazione, Colpa d’Alfredo, Siamo solo noi. I miei primi 4 album rock erano fuori. Andavo bene con i concerti, ma mi conoscevano per lo più al livello regionale, in Emilia, un po’ in Lombardia e un po’ in Piemonte. La platea nazionale mi serviva, certo. Ma quello che volevo io soprattutto, era sbalordirli, provocarli, scuotere in loro un’emozione, dissacrare quel palco con ironia e provocazione: ‘Vado al massimo, vado al massimo, vado a gonfie vele’ (che non era per niente vero, in realtà)”.
L’artista poi continua: “Ero certo che avrei colpito e, nel bene o nel male affondato, chi dalla platea del teatro a quella della tv, mi guardava (anche se pochi allora dichiaravano di guardare il festival, in realtà tutti mi avevano visto). Più che una sfida, quei 3 minuti di esibizione, lo spazio di una canzone, rappresentavano per me un’occasione unica per farmi notare da più gente possibile. Della gara, a me, non m’importava nulla e tantomeno di vestirmi ‘elegante’, io avevo il mio look da concerto, jeans e giacca in pelle. Ricordo che dietro le quinte mi guardavano tutti come se io fossi un alieno quando per me gli alieni erano loro che si stravestivano e si truccavano, a me interessava solo salire sul palco e nient’altro. – prosegue – Alla finale del sabato sera ci sono arrivato e questo a me bastava e avanzava. Ormai è storia che nella classifica finale ero in fondo ma fuori da lì cominciò davvero la mia straordinaria avventura live. Nell’aprile usciva il mio quinto album – Vado al massimo – con pezzi molto provocatori come Sono ancora in coma, Cosa ti fai, e brani del peso di Ogni volta e Canzone e il calendario di date live si infittiva. L’anno dopo ci sono tornato a Sanremo, per riconoscenza nei confronti di Gianni Ravera che mi aveva dato carta bianca, e solo perché avevo la canzone giusta: Vita spericolata, una bomba, che avevo appena finito di scrivere”.
Quest’anno a omaggiare Vasco sul palco dell’Ariston ci sarà Rkomi: porterà un medley delle sue canzoni eseguite con i Calibro 35, nella serata delle cover del 4 febbraio. Tra i brani scelti c’è sicuramente “Fegato, Fegato spappolato”, del 1979.
Intanto il rocker si sta preparando al Vasco Live ‘022 Tour, che partirà il 20 maggio. Ma ancora prima il 7 febbraio festeggerà i suoi primi 70 anni: “Devo tutto alla musica che non fa distinzioni di sorta, non è il passare del tempo che conta, ma come lo usi. Intrigante è il viaggio che la musica ti permette tra fortissime emozioni, splendide illusioni e tremende delusioni. Sono 70 volte che la terra mi fa girare intorno al sole e la testa non mi gira ancora”.