“Era nella cabina di regia M5s, anche lui chiarirà”. E “non a me, ma agli iscritti”. Giuseppe Conte, per rispondere alle accuse pubbliche di Luigi di Maio, ha aspettato che passasse la notte. È quasi l’ora di pranzo di una domenica post elezioni quirinalizie, quando il presidente 5 stelle annuncia che farà alcune dichiarazioni davanti a casa. Deve rispondere all’ex capo politico che ieri sera, appena dopo il discorso di Sergio Mattarella, è andato in piazza ad accusarlo di “aver fallito” e ha chiesto una “riflessione interna”. Si è aperta così una guerra che era latente da mesi: uno scontro tenuto sotto traccia, ma che è scoppiato nelle fasi più delicate delle ultime trattative. “Se Di Maio parla di fallimento, se ha delle posizioni”, ha detto oggi l’ex presidente del Consiglio, “le chiarirà perché anche lui era in cabina di regia, come ministro l’ho fatto partecipare”. Quindi “anche lui”, ha ribadito Conte, dovrà chiarire “i comportamenti, l’operato e se la sua agenda era condivisa o meno“. Cioè, è la domanda sottintesa, dovrà dire se in parallelo ha lavorato per favorire altri o solo il M5s. La replica non tarda ad arrivare e questa volta Di Maio sceglie di usare una nota consegnata alle agenzie: “In cabina di regia non si è mai parlato di fare annunci roboanti su presunti accordi raggiunti con Pd e Lega, oggi smentiti anche dal segretario dem Letta. Non si provi a scaricare le responsabilità su altri. È chiaro che ci sono diversi aspetti che vanno chiariti”.
Insomma il “chiarimento” si fa sempre più necessario e urgente. Già ieri Conte lo aveva evocato in conferenza stampa rispondendo al Fatto quotidiano. E aveva già rimarcato che il confronto avrebbe coinvolto gli iscritti 5 stelle, tendando così di spostare il piano della discussione. La resa dei conti, che tutti ormai si aspettano, non dovrà essere solo sul piano personale tra i due leader: ognuno rispondere delle sue azioni davanti alla comunità M5s. Ancora non è chiaro il come, ma di sicuro servirà un faccia a faccia collettivo (una vera e propria assemblea) per parlare di quanto avvenuto e soprattutto di quello che sarà: le prossime elezioni amministrative, la posizione da tenere su referendum Cannabis e Eutanasia, la deroga alla regola del secondo mandato che tutti chiedono (o temono). Per i 5 stelle iniziano mesi complicati e le leadership saranno le prime a essere messe sul banco degli imputati.
“Anche Di Maio chiarirà operato e agenda” – La tensione tra Di Maio e Conte era nota a tutti, ma lo scontro è scoppiato ufficialmente la sera del 29 gennaio. L’ex capo politico ha convocato i giornalisti, appena fuori da Montecitorio, e accompagnato da una decina di parlamentari (tra cui la viceministra Laura Castelli) ha cominciato a lanciare accuse su quanto fatto negli ultimi giorni. Ma non era di certo il primo atto ostile. La sera prima, quando il nome della candidata Elisabetta Belloni è finito bruciato in diretta tv, il ministro degli Esteri per primo ha fatto una nota che definiva “indecoroso” il metodo utilizzato. E il riferimento non era solo a Matteo Salvini, ma soprattutto a quello che è anche il suo leader Giuseppe Conte. E non è un caso che oggi il presidente 5 stelle abbia ribadito che le decisioni sulle trattative sono state prese da una cabina di regia, non solo da lui in solitaria, e in quella cabina di regia c’era appunto anche Di Maio. Il ministro degli Esteri però ribatte che nulla si sapeva della decisione di Conte di andare a dichiarare alla stampa “sulla presidente donna”. Conte però oggi va oltre e nelle sue dichiarazioni pubbliche chiede un “chiarimento su operato e agenda” di Di Maio. Ovvero sta parlando degli incontri che il collega di partito ha fatto in questi giorni e della rete parallela che avrebbe tessuto mentre il M5s cercava di portare a casa la partita. Una rete che i più vicini a Conte contestano all’ex capo politico, tra accuse di aver lavorato per la candidatura di Mario Draghi, sospetti che abbia dato il via libera alla carta Pier Ferdnando Casini e i timori che abbia fatto sponda con gli altri partiti. Senza dimenticare che, proprio Di Maio, è stato il primo a decidere di sostenere il gruppo di senatori M5s che spingeva per il Mattarella bis e ha potuto alla fine, almeno all’interno del gruppo, rivendicare quell’operazione. Un passo che sul fronte opposto, i vertici hanno letto come un tradimento: insomma, la lista di veleni incrociati comincia ad essere molto lunga. Lo aveva detto stamattina a Repubblica il vice di Conte Riccardo Ricciardi: “Di Maio dovrà rendere conto al Movimento di alcuni passaggi”. Se “ci sono gruppi che ritengono di fare politica dentro i palazzi, questo non rappresenta il vero M5s”.
E a proposito di vero M5s, sempre oggi Conte, come già aveva fatto in conferenza stampa, ha detto di essere “pienamente soddisfatto” del risultato. Ma ha anche aggiunto: “Abbiamo lavorato per avere una donna al Quirinale, ci abbiamo creduto fino in fondo“. E, nonostante tutto, ha assicurato che l’asse con i dem non è stato messo in crisi: “I rapporti con il Pd per quanto mi riguarda sono ottimi”, ha detto, “con Letta ci siamo sentiti anche stamattina, quindi nessun equivoco. In questi giorni ho letto un sacco di fesserie, semplicemente perché nelle trattative abbiamo avuto una struttura bilaterale di incontri avete iniziato a fantasticare. Mi sono confrontato direttamente con Salvini, ma anche Letta si è confrontato direttamente con Salvini”. Frasi che trovano l’appoggio anche di Letta che, a distanza di poco, intervistato da Lucia Annunziata, garantisce che “il fallimento dell’ipotesi Belloni” è stato solo un “cortocircuito mediatico”. E il fronte giallorosso si è addirittura “rafforzato”.
Di Battista in difesa di Conte: “Vigliacco mettere sul banco degli imputati l’ultimo arrivato” – Al di là delle rassicurazioni di Letta e Conte però, il clima dentro il Movimento rimane tesissimo. Tutti guardano i numeri: quanti sono i dimaiani e cosa potrebbe succedere in caso di scissione. E tutto molto prematuro, ma saranno proprio i numeri delle rispettive truppe a pesare nel momento della resa dei conti. Oggi intanto si è fatto sentire anche uno storico esponente M5s, che da circa un anno (dopo che il M5s ha dato la fiducia al governo Draghi) ha deciso di farsi da parte: Alessandro Di Battista. “Da anni è necessaria una riflessione politica all’interno del Movimento”, ha detto rispondendo proprio alle parole di Di Maio e schierandosi con Conte, “ma è vigliacco mettere oggi sul banco degli imputati l’ultimo arrivato che al netto di idee diverse su alcune questioni considero persona perbene e leale”. Le parole dell’ex deputato, che ha iniziato il percorso con Di Maio e più volte si è scontrato con la sua linea, sono destinate a fare molto rumore. Tanto che Conte ne ha approfittato per portare dalla sua parte una figura che, nonostante il suo allontanamento, continua ad avere una grossa influenza tra gli iscritti M5s. “E’ un componente storico del Movimento”, ha detto, “se si potesse riaprire un dialogo con lui a me farebbe sicuramente piacere. Mi fa piacere il suo apprezzamento: lui è una persona intelligente che esprime delle opinioni e con il quale il dialogo c’è sempre stato”. Di Battista però non si è fermato ai complimenti a Conte. Ha anche criticato quanto fatto dai partiti (e quindi pure dal M5s) in questa fase di trattative: “Non ho nulla di personale contro Mattarella, ma ritengo pericolosa per la democrazia la rielezione dello stesso Presidente della Repubblica”, ha scritto su Facebook. “Lo sostenevamo tutti quanti quando venne rieletto Napolitano. Oggi lo sostengo solo io. Dodici anni fa nasceva un movimento di cittadini all’insegna della difesa della legalità, dei beni comuni, della democrazia diretta, oggi più che mai unica chiave per evitare derive verticistiche, lobbistiche e partitocratiche”. Ai tempi della rielezione di Napolitano, era il 2013, proprio il M5s appena entrato in Parlamento con quello che venne definito “uno tsunami” si mise sulle barricate per contestare i partiti. In prima linea c’era anche Beppe Grillo che in questa elezione è stato completamente in disparte: è entrato solo nell’ora di disfatta mediatica, con un Tweet per Belloni quando ormai era già stata bruciata pubblicamente. Da quel momento il garante tace, ma lo raccontano infuriato per la figuraccia e per non essere stato avvisato per tempo. Ma che farà? Anche da lui e dal suo volere potrebbe dover passare la resa dei conti del Movimento.