“Il fallito tentativo dei partiti politici italiani di nominare un nuovo presidente è una benedizione sotto mentite spoglie”. Lo scrive il Financial Times in un nuovo editoriale sull’Italia pubblicato lunedì sera, dopo che domenica il quotidiano della City aveva commentato con toni caustici l’esito di sei giorni di votazioni in un pezzo intitolato Una classe politica egoista evita il disastro all’ultimo minuto. Oggi l’editorial board, che esprime la linea ufficiale del giornale, spiega che “la decisione di Sergio Mattarella di accettare un secondo mandato di sette anni come capo di stato è stata il miglior risultato per un paese che ha un disperato bisogno di stabilità politica e un certo grado di consenso per sfruttare i fondi dell’Ue e progettare un rinnovamento economico atteso da tempo”. I mercati in effetti sembrano aver apprezzato: lo spread tra Btp e Bund tedeschi ha chiuso a 128 punti base, dopo una settimana intorno ai 140.

Ma la tranquillità è destinata ad avere vita breve: con questi partiti “disfunzionali“, per approvare le riforme e spendere gli oltre 191 miliardi di Recovery fund “potrebbe essere necessario un altro governo di unità nazionale. Ma affidare la leadership politica a tecnocrati non eletti non è una buona soluzione a lungo termine per una democrazia moderna”. Il riferimento ai “tecnocrati non eletti” rimanda ovviamente al premier Mario Draghi, il cui eventuale trasloco al Colle avrebbe secondo il Ft avvicinato lo spettro delle elezioni anticipate. “Presentarsi per la presidenza e poi non ottenere sostegno sufficiente dai partiti politici avrebbe potuto minare gravemente l’autorità di Draghi”, annota il foglio finanziario, “soprattutto se qualcun altro fosse stato insediato nel palazzo del Quirinale presidenziale. Ma un secondo mandato per Mattarella, che si è dimostrato un’abile guida come presidente, era ciò che Draghi e la maggior parte degli altri volevano originariamente“. Anche se questo desiderio “originario” sembra cozzare con la manifestata disponibilità dell’ex presidente Bce a sostituirsi a lui.

In ogni caso, il quotidiano ricorda che i perdenti sono “i partiti politici che sostengono il suo governo” i quali “escono da questo doloroso processo apparendo deboli e divisi, il che potrebbe dare a Draghi una mano più forte per guidarli attraverso scelte difficili”, mostrandosi “meno accomodante”. Attenzione però, il “tecnocrate” non è la panacea: “È un errore aspettarsi miracoli dall’ex presidente della Banca centrale europea. I problemi dell’Italia sono troppo radicati. La disciplina politica inevitabilmente crollerà con l’avvicinarsi delle elezioni”. Insomma: “Se l’esito delle elezioni presidenziali è positivo nel breve termine, le prospettive a lungo termine per la democrazia italiana appaiono fosche. È difficile vedere come i partiti di destra o quelli teoricamente di sinistra possano formare un blocco di governo, tale è l’animosità scatenata da questo processo all’interno delle famiglie politiche”. L’unica delle quali è prevista in crescita, dopo lo spettacolo degli ultimi giorni, è Fratelli d’Italia, “l’unico partito a mostrare coerenza in questo processo. Purtroppo, potrebbe uscirne rafforzato. Ma per prendere il potere servirebbe comunque l’appoggio del centrodestra”.

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