di Maria Serena Palma
L’ennesima conferma di quanto il Parlamento italiano sia ormai del tutto scollato da quello che accade nel Paese reale è arrivata con la rielezione del Presidente Mattarella. Mi ha lasciata davvero perplessa il modo trionfale con cui la convergenza sul suo nome è stata annunciata. Mi sarei aspettata delle scuse, poste con un certo senso della vergogna, l’ammissione delle proprie colpe, il riconoscimento del proprio fallimento nel tentativo di individuare una figura nuova per le nostre Istituzioni, autorevole, eticamente ineccepibile, il tanto paventato “alto profilo”, per intenderci.
Invece il ripiego sul Presidente uscente (figura autorevole, sia chiaro, ma pur sempre un ripiego) è stato presentato come una vittoria, come una acclarata novità, come un successo. E forse per qualcuno un successo lo è stato. Certamente per quanti temevano di andare a casa se gli equilibri di governo fossero cambiati. Non voglio però perdermi nei “retroscenismi”.
Vorrei piuttosto dare voce a quanti, come me, hanno provato profonda delusione per questa irragionevole retromarcia, delusione figlia soprattutto dell’inconsistenza politica di chi ci rappresenta. Il Parlamento dovrebbe rappresentare il popolo sovrano, ma è chiaro ormai che rappresenta soltanto se stesso, ossia gli interessi dei partiti, disposti a qualsiasi voltafaccia pur di non farsi scivolare dalle mani il potere. Questi giochi di palazzo, portati avanti con malcelata arroganza persino nel drammatico periodo che stiamo vivendo, hanno estenuato tutti quei cittadini che ogni giorno sono chiamati a risolvere problemi di cui lo Stato non si preoccupa.
Era il momento di far fare al Paese un salto in avanti, invece è rimasto immobile. Grazie a chi ci ha provato.