Il valore dell’operazione nemmeno stavolta è stato reso noto. Secondo fonti di mercato tra acquisizione e futuri investimenti si avvicinerebbe al miliardo di euro. Rsu e rappresentanti sindacali dei metalmeccanici, pur considerando l’acquisizione una "buona notizia", chiedono di conoscere nel dettaglio il piano industriale della nuova proprietà
L’acciaieria Ast di Terni come previsto torna italiana. Il gruppo cremonese Arvedi ha firmato a Essen il contratto di acquisto da Thyssenkrupp, dopo che l’Antitrust europeo e quello turco hanno dato il via libera lo scorso 21 dicembre. Oltre al sito umbro, Arvedi si aggiudica anche le controllate commerciali di Ast in Germania, Italia e Turchia. Lo stabilimento umbro torna in mani italiane a quasi 28 anni di distanza dall’acquisizione tedesca, anche se ThyssenKrupp manterrà una quota del 15% nella compagine societaria. Il valore dell’operazione nemmeno stavolta è stato reso noto. Secondo fonti di mercato tra acquisizione e futuri investimenti si avvicinerebbe al miliardo di euro. Il gruppo Arvedi, attivo nella produzione e nella lavorazione di acciaio al carbonio e inossidabile, raggiunge con questa operazioni 7,5 miliardi di euro di fatturato e 6.600 dipendenti in Italia, di cui 2.300 circa in Ast.
A firmare il contratto, per la nuova proprietà, sono stati Giovanni Arvedi e Mario Arvedi Caldonazzo, rispettivamente presidente e amministratore delegato. Ruoli che da oggi assumono anche all’interno di Ast. Caldonazzo prenderà così il posto dell’attuale ad Massimiliano Burelli, per quasi sei anni alla guida della società, che manterrà comunque una consulenza all’interno dell’azienda.
Rsu e rappresentanti sindacali dei metalmeccanici, pur considerando l’acquisizione una “buona notizia”, chiedono di conoscere nel dettaglio il piano industriale della nuova proprietà. Rocco Palombella, segretario generale Uilm, si aspetta “un cambio di passo con l’inizio di una fase costruttiva e di certezze per gli oltre tremila lavoratori ternani, fra indiretti ed indiretti, che per anni hanno subìto il disinteresse e la mancanza di investimenti da parte di una multinazionale che aveva ormai deciso di uscire dal mercato dell’acciaio inox”. E “dopo questa importante acquisizione attendiamo dal Governo l’avvio, dopo molti annunci, di un confronto nazionale per la discussione di un piano nazionale della siderurgia che rappresenta un settore industriale strategico e imprescindibile per il presente e il futuro del nostro Paese”. Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, si è limitato a parlare di “un tassello importante per il polo siderurgico italiano, un progetto che il governo sta monitorando e seguendo fin dall’inizio con attenzione e discrezione puntando a favorire in un settore strategico la competitività e sostenibilità ambientale”.