Politica

Non riesco proprio a gioire per il Mattarella bis. E per molte ragioni

di Tito Fornola

No. Non riesco proprio a esultare per la riconferma di Sergio Mattarella. Come tanti potrei accontentarmi per il fallimento (per ora) dei sogni del “nonno al servizio delle istituzioni” o dei giochetti di Renzi a favore di Casini. Potrei anche esultare per la sconfitta spero definitiva di B. o per lo stato comatoso del centrodestra. Ma non riesco ugualmente a gioire. E questo per molte ragioni.

La prima riguarda proprio Mattarella. Mi era sembrato di capire che la sua contrarietà alla rielezione non fosse solo per ragioni personali. Se davvero la permanenza al Quirinale era una “sgrammaticatura costituzionale” perché ha accettato? La risposta secondo cui “si è sacrificato” al servizio dell’Italia non mi convince. La risposta vera è un’altra: si è sacrificato per garantire continuità a quel sistema di potere e di interessi che da sempre dirige e controlla il nostro Paese.

Qualsiasi altra soluzione diversa da Mattarella avrebbe infatti portato alla crisi di governo con alcune gravi conseguenze. La pandemia? Ma neanche per sogno. I problemi e le esigenze sono ben altre.

Primo. Garantire a parlamentari e ministri di continuare ad intascare le laute indennità di carica.

Secondo. Mantenere un saldo controllo nei processi di spartizione dei fondi Pnrr conquistati dal governo Conte.

Terzo. Disporre del tempo necessario per ridimensionare, dentro i partiti e nelle future liste elettorali, coloro che ancora ambiscono a una Politica diversa dalla mera e pura conservazione del potere per sé stessi e per gli interessi forti.

Quarto. Riscrivere le regole elettorali: il proporzionale puro (preferibilmente con soglie di sbarramento molto basse per non offendere troppo i centrini dello zerovirgola) potrebbe essere la soluzione giusta. Grazie al proporzionale i giochi sul futuro governo non si faranno prima delle elezioni, ma dopo. E a dare le carte saranno la Lega di Giorgetti e il Pd del “campo largo”. Alla finestra, offrendo voti decisivi per ottenere la maggioranza, oltre all’ormai immancabile Di Maio, ci sarà quel che resta di Forza Italia, Renzi e i gruppettini di centro.

L’obiettivo di fondo era ed è uno solo: isolare la Meloni a destra e, a sinistra, marginalizzare tutti coloro che quando parlano di eguaglianza di opportunità, di giustizia sociale e fiscale, di legalità o diritti sociali non lo fanno solo per riempirsi la bocca o conquistare voti e consensi utili alla propria carriera.

Come non comprendere che senza l’elezione di Mattarella questi quattro obiettivi avrebbero seriamente rischiato di essere compromessi in partenza? Ce la faranno? Non lo so. Molto dipende da chi e cosa sarà contrapposto a questo disegno.

Un anno fa, quando Conte fu cacciato da Palazzo Chigi, avevo inutilmente sperato che lui ed Enrico Letta – che a quell’epoca era ancora un semplice insegnante universitario – trovassero un’intesa per creare un nuovo soggetto politico in grado di disegnare una solida alternativa per il futuro del Paese. Le cose andarono diversamente. Entrambi scelsero di guidare il cambiamento dall’interno del sistema che io speravo potessero demolire.

Il primo, Conte, spero abbia capito di aver fatto un grandissimo errore. Sul secondo, Letta, mi ero illuso che dopo l’esilio forzato imposto da Renzi, avesse maturato una disponibilità al cambiamento che invece purtroppo è rimasta a Parigi. Il suo mancato sostegno alla candidatura di Elisabetta Belloni è stata l’ultima, ennesima conferma della sua inidoneità a schierarsi per davvero all’interno di un “campo alternativo”.

Per un numero sempre crescente di cittadini questo scenario giustifica l’astensione o il voto di testimonianza. Io vorrei poter sperare in un qualcosa di più. Ma perdonatemi se in questo “qualcosa di più”, non riesco proprio a includere come padre nobile la figura del nuovo-vecchio Presidente della Repubblica.