L'Istat ha aggiornato le serie storiche per tener conto del calo della popolazione generale e dunque di quella attiva. Così, anche se il tasso di occupazione è tornato al livello di febbraio 2020, in numeri assoluti gli occupati sono 22,7 milioni contro i 23,032 di febbraio 2020. Intanto il mercato continua a spostarsi verso un incremento relativo del precariato: nell'ultimo mese del 2021 i contratti a termine hanno raggiunto quota 3,077 milioni, livello che storicamente è stato superato solo una volta nel maggio 2018
“Sostanziale stabilità“. Dietro la sintesi con cui l’Istat riassume nuovi dati sull’occupazione aggiornati a dicembre 2021 ci sono però una conferma – l’ulteriore slittamento del mercato del lavoro verso il precariato – e una novità, messa in luce dall’aggiornamento delle serie storiche sulla base delle nuove stime sulla popolazione generale. Il calo demografico risultato dalla revisione statistica porta con sé il crollo della popolazione attiva a 24,9 milioni di persone dai 25,4 del febbraio 2020, producendo l’illusione ottica di un tasso di occupazione (occupati rispetto alle forze di lavoro) tornato al livello pre pandemia, il 59%. Ma i numeri assoluti mostrano invece che mancano all’appello ben 286mila occupati. Quasi il doppio rispetto a quanto emergeva dalla rilevazione su novembre, che però non è direttamente confrontabile proprio perché nel frattempo c’è stato il passaggio alla nuova popolazione intercensuaria – che ha comportato una revisione al ribasso della popolazione residente nell’ordine delle 500mila unità, spiegano dall’istituto di statistica – e sono stati aggiornati i modelli di destagionalizzazione.
Tornando ai dati assoluti, gli occupati in base alla serie aggiornata erano a dicembre 22,7 milioni contro i 23,032 di prima del Covid. Di meno anche i disoccupati (2,2 milioni contro 2,4 milioni) perché molti tra coloro che non hanno un posto si sono spostati tra gli inattivi, cioè coloro che hanno smesso di cercare perché scoraggiati dalla situazione mercato. Che – e questa è la conferma – continua a evolvere verso un incremento relativo del precariato. In parte è naturale: sia perché parliamo del mese delle feste natalizie che porta sempre con sé un aumento degli stagionali, sia perché sul fronte industriale la ripresa post Covid è condizionata dall’andamento dell’inflazione e le aziende tendono alla prudenza preferendo i rapporti a termine. Ma la tendenza si sta consolidando e il risultato, come mostrano le nuove serie ricostruite, è che nell’ultimo mese del 2021 i contratti precari hanno raggiunto quota 3,077 milioni: non solo non erano così tanti da giugno 2019, ma si tratta di un livello che storicamente è stato superato solo una volta e solo per un mese, nel maggio 2018. Nel corso del mese sono aumentati di 59mila, a fronte di un calo di quelli stabili (-7mila) a 14,79 milioni) e di un nuovo crollo dei lavoratori indipendenti (-51mila) dopo la ripresa di novembre.
La “sostanziale stabilità” deriva dunque da un nuovo step nella ricomposizione del mercato. Quanto all’andamento del gap di genere, il mese degli acquisti natalizi ha visto salire solo l’occupazione femminile (+54mila), conseguenza della forte ripartenza dei servizi, mentre gli occupati uomini calavano di 52mila. Il tasso di occupazione delle donne sale così al 50,5%. Ma, come visto, si tratta di ingressi al lavoro con posti precari che in molti casi (molto più che per gli uomini) sono anche part time, con quel che ne deriva sul fronte degli stipendi. Anche l’altro divario, quello tra giovani e over 50, a dicembre si è ristretto per effetto di un aumento degli occupati 25-34enni (+29mila) a fronte di 53mila ultracinquantenni in meno. Al netto della componente demografica, sottolinea Istat, il tasso di occupazione cresce soprattutto tra i minori di 35 anni mentre nella fascia 50-64 anni la variazione tendenziale si ferma a +1,6%.