di Milvia Bruschi

Sono una cittadina e come tale sono grata al Presidente Sergio Mattarella, perché lui sì che è un ‘civil servant’ dotato di serietà e grande senso di responsabilità. E ha posto fine con coraggio e sacrificio ad uno spettacolo indecoroso. Ma…. C’è un Ma enorme, che mi amareggia profondamente sebbene non mi sorprenda. Davvero qualcuno ha potuto pensare che in Italia fossimo pronti per un Presidente donna?

Personalmente, per un attimo ci ho sperato, ma solo per un attimo. E non certo difronte alla candidatura di donne che si comportano come uomini di potere, ma pensando ad altre donne, a nomi fatti e non fatti, che, se presi seriamente in considerazione, avrebbero dato il segno dirompente della novità e avrebbero segnato un momento significativo in un lungo cammino intrapreso almeno un secolo fa per spezzare un atteggiamento sessista, maschilista, discriminatorio e arrogante che fa dell’Italia un paese ancora pesantemente marchiato da un antifemminismo più o meno strisciante, tanto ‘democratico’ (non siamo in Afghanistan, certo) quanto radicato e sinceramente, da donna, veramente ripugnante.

Quando ho sentito qualcuno che ha detto ‘proporremo il nome di una donna in gamba’ ho pensato ‘ma guarda.. come se per la Presidenza della Repubblica fosse possibile proporre il nome di una donna solo perché giovane, belloccia, ben dotata o ricca e ben sponsorizzata, a prescindere dalle sue qualità’…

Ma il problema è che quando una donna è riconosciuta come intelligente e capace fa paura, perché per meritarsi un tale riconoscimento deve avere un cervello e valori migliori di quelli di tanti uomini. E allora avanti così, con i soliti pretesti ipocriti, senza mai dire la verità. No a Elisabetta Belloni perché lavora ai Servizi segreti (da parte, tra gli altri, di chi i Servizi li incontra in autogrill), no a Paola Severino perché grazie a lei è stato giustamente punito un signore i cui voti servono comunque e qualunque prova di sé abbia dato… E no a cercarne altre. Perché donne così spaventano gli uomini.

Le donne della mia generazione hanno lottato, hanno creduto, qualche volta hanno esultato, ma si sono illuse (ci siamo illuse tutte) che il nostro Paese fosse pronto ad accoglierci, a fare un salto di qualità. E invece il massimo che abbiamo potuto fare è stato, forse, crescere figli maschi migliori della generazione dei loro padri, più sensibili e rispettosi. Ma i loro ‘padri’ sono sempre lì, con la loro cultura trita e i loro stereotipi.

E allora, maschi della politica e maschi della nostra vita di tutti i giorni, andate avanti così, anzi datevi da fare perseverando nella vostra arroganza che nemmeno vi imbarazza. Così forse le nostre nipotine una volta diventate grandi decideranno di riprendere una lotta spezzata. Perché di lotta di tratta. E leggete un po’, miglioratevi, riflettete sulle parole delle donne:

Per tutti questi secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi, dal potere magico e delizioso di riflettere raddoppiata la figura dell’uomo. Napoleone e Mussolini insistono tanto enfaticamente sull’inferiorità delle donne, perché se esse non fossero inferiori cesserebbero di ingrandire loro. Questo serve in parte a spiegare la necessità che gli uomini spesso sentono delle donne. E serve a spiegare come li fa sentire inquieti la critica femminile; come a lei sia impossibile dir loro che il libro è brutto o il quadro difettoso, o cose del genere, senza provocare assai più dolore e suscitare assai più rabbia di quanta potrebbe suscitarne un uomo con la stessa critica. Perché se la donna comincia a dire la verità, la figura nello specchio rimpicciolisce; l’uomo diventa meno adatto alla vita – Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé.

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