Giovedì 3 febbraio alle 15:30, dopo il giuramento, il presidente rieletto Sergio Mattarella farà il suo discorso di insediamento. Un discorso a cui prestare particolare attenzione anche per provare a capire quali siano le sue intenzioni di lungo termine. La mia opinione infatti è che quello di Mattarella possa essere un mandato breve, fino all’insediamento del prossimo governo, quando Mario Draghi – ormai libero dal ruolo di presidente del Consiglio – potrà raggiungere l’obiettivo appena sfumato: la sua elezione al Colle.

Un obiettivo a cui Draghi ha mirato seriamente, come ha lasciato intendere nella conferenza stampa del 22 dicembre quando ha detto che il governo sarebbe potuto andare avanti anche sotto un’altra guida. Durante le trattative sul nome del nuovo presidente, il premier si è poi mosso personalmente per promuovere se stesso, incontrando o chiamando i leader dei partiti.

È stato proprio lui, una volta presa coscienza del fallimento dell’operazione, a fare la mossa decisiva per la rielezione di Mattarella. Una mossa che potrebbe aiutarlo solo a rimandare – anziché archiviare – il suo grande obiettivo di carriera. Un presidente della Repubblica rieletto è un presidente che può dimettersi senza drammi. L’altro caso anomalo di doppio mandato per un capo dello Stato, quello di Giorgio Napolitano, è finito proprio con le dimissioni, cinque anni in anticipo, “per motivi di età”.

La motivazione che Mattarella potrebbe usare per lasciare l’incarico potrà essere quella della fine della pandemia, dato che è poggiandosi sull’emergenza che ha giustificato la sua accettazione dell’incarico. Nella breve dichiarazione di due giorni fa, dopo la sua elezione, ha detto: “I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica, nel corso della grave emergenza che stiamo tuttora attraversando sul versante sanitario, su quello economico e su quello sociale, richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati – e, naturalmente, devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti – con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini”.

È dunque stato rinnovato l’accordo fra Draghi e Mattarella? Parlo di rinnovo perché, quando il presidente della Repubblica chiamò Draghi, potrebbe averlo convinto a fare il premier proprio presentandogli la prospettiva di poter salire rapidamente al Colle. Oggi Draghi, per convincere Mattarella ad accettare un secondo mandato, potrebbe avergli ricordato di quell’accordo. Una volta finita la legislatura nel 2023 e dunque superato l’ostacolo del rischio elezioni anticipate, che è costato il no del M5S al nome di Draghi per il Colle, e con un nuovo premier – stavolta politico -, i partiti farebbero presto ad accordarsi sul nome del banchiere. Tutto questo non appena finita – almeno comunicativamente – l’emergenza, quando Mattarella annuncerà di voler riparare la stortura costituzionale a cui si è prestato proprio per via di quell’emergenza.

Per capire se si tratta solo di fantasie o se il piano attuale dei vertici è proprio questo, un primo importante segnale potrebbe arrivare, come detto, durante il discorso di insediamento di giovedì. Cosa aspettarsi dall’intervento del presidente rieletto? Non una strigliata al Parlamento, come quella che fece Napolitano, e neanche una dichiarazione chiara, diretta, sulla volontà di non finire il mandato. Bisognerà saper leggere tra le righe. Il suo discorso avrà orizzonti temporali ampi o si limiterà alla stretta attualità dell’emergenza? Parlerà del fatto che la sua rielezione, seppur costituzionalmente concessa, è una forzatura?

Un anno fa, ricordando il presidente Antonio Segni, in occasione dei 150 anni dalla sua nascita, ne menzionò la “convinzione che fosse opportuno introdurre in Costituzione il principio della “non immediata rieleggibilità” del Presidente della Repubblica. In quell’occasione Segni definiva “il periodo di sette anni sufficiente a garantire una continuità nell’azione dello Stato”, ha ricordato Mattarella. Anche se il presidente stesso o i partiti dovessero ribadire, per rispetto, che un mandato presidenziale dura sette anni, e che lui con questo termine ha accettato l’incarico, non è escluso che possa cambiare idea in futuro. Come ha fatto appunto accettando il bis, nonostante i suoi messaggi in senso contrario.

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