Per una volta occorre essere d’accordo con Mario Draghi. La conferma di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica è davvero un’ottima notizia per noi italiani, soprattutto se lo mettiamo a confronto coi personaggi che abbiamo rischiato di accollarci, da Berlusconi a Casini, da Casellati ad Amato e a vari altri residuati della peggiore politica. Ottima notizia anche aver fermato la resistibile ascesa dello stesso Draghi dalla Presidenza del Consiglio a quella della Repubblica che avrebbe costituito davvero un pessimo segnale in netta contraddizione con elementari principi del diritto costituzionale.

Ciò detto, l’elezione di Mattarella è anche un chiaro sintomo della situazione di crisi profonda dei partiti e della politica, ben rappresentata dai sei tragicomici giorni che l’hanno preceduta nei quali i politici italiani, nessuno o quasi escluso, hanno dato il peggio di sé, destando nel Paese sentimenti di incredula indignazione e incontenibile disgusto. È assolutamente evidente, e questi sei giorni lo hanno reso ancora più evidente, come l’attuale sistema dei partiti sia strutturalmente incapace di dare risposte efficaci ai problemi enormi che abbiamo di fronte.

Questo perché questi partiti sono più che altro cordate di opportunisti accomunati dall’esigenza di soddisfare interessi particolaristici che si pongono in diretta contrapposizione alle soluzioni favorevoli a diritti ed esigenze della grande maggioranza del popolo italiano. E che per meglio realizzare le loro finalità di bassissimo rango hanno introiettato fino in fondo, in modo conformistico quanto superficiale, i credo la cui recitazione devota appare oggi una precondizione essenziale per l’esercizio di qualunque potere politico, neoliberismo ed atlantismo innanzitutto.

Appare evidente come il totale rovesciamento di questi dogmi letali ed obsoleti sia indispensabile e urgente per garantire la sopravvivenza dell’Italia e dell’umanità. Uscire dalla Nato e rimettere l’interesse pubblico sopra a quelli dei privati sono gli obiettivi strategici da perseguire. E non mancano proposte concrete da realizzare per avanzare nella giusta direzione, come da ultimo l’appello degli economisti per un piano straordinario che veda l’assunzione di un milione di giovani nella pubblica amministrazione, da finanziare mediante un’imposta patrimoniale progressiva, in modo da dare finalmente sostanza agli imperativi costituzionali in materia di tutela dei diritti sociali, dell’ecosistema e del lavoro, e di restituire un futuro alle giovani generazioni e quindi al nostro Paese.

Bisogna però essere chiari. È insensato ritenere che un programma di rinnovamento basato sulla salvaguardia dei valori costituzionali e della classe lavoratrice possa scaturire dall’informe corpaccio del Parlamento che ci ha regalato l’immondo spettacolo degli scorsi giorni. Ed è altresì irragionevole pensare che la salvezza dell’Italia possa avvenire in modo indolore, senza una dura lotta contro gli interessi costituiti che da tempo la stanno portando allo sfascio totale è definitivo.

È quindi necessario pensare a nuove istituzioni, come una capillare rete di consigli diretta espressione della democrazia partecipativa e della sovranità popolare, ben insediati nei luoghi di lavoro, di studio e di vita del popolo. Ci vuole quindi un rinnovato protagonismo della società civile. È pure necessario rivedere a fondo le modalità della democrazia rappresentativa, a partire dall’adozione di una legge elettorale totalmente proporzionale senza soglia di sbarramento e dall’abolizione dello scandaloso e anticostituzionale dominio delle segreterie di partito sugli eletti. In tal modo va agevolata l’emersione di forze politiche nuove ed originali direttamente legate ai movimenti della società nelle loro multiformi espressioni.

Per farla breve, dopo la finta rivoluzione dei Cinquestelle e la sua disonorevole conclusione è necessaria per l’Italia una rivoluzione vera, senza la quale il nostro Paese, insieme al resto dell’Europa e dell’Occidente, è destinato ad affogare senza rimedio nella povertà materiale e morale, a perire avvelenato dalla devastazione ambientale e abbrustolito o congelato dal riscaldamento globale, a morire per le pandemie incontrollate, gli incidenti sul lavoro e le guerre insensate il cui unico scopo è quello di legittimare istituzioni come la Nato che da tempo si sarebbe dovuto rottamare. Rivoluzione per dirigere la quale ci vuole ovviamente un partito rivoluzionario che non nascerà certo dalla sommatoria di ceti politici più o meno screditati ma da una nuova dirigenza popolare diffusa che comincia ad affiorare nelle lotte.

Potrà sembrare un programma eccessivamente vasto e fumoso, ma è l’unico che abbiamo. Mentre la classe politica si affanna a promettere improbabili rifondazioni del centrodestra, del Pd e di altre formazioni oramai irrimediabilmente crollate, occorre che tutte le donne e gli uomini onesti e sensibili ai valori costituzionali di giustizia, democrazia ed uguaglianza si impegnino nell’unica rifondazione possibile e che valga la pena di tentare, quella dell’Italia e del popolo italiano.

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