Una decina di frasi, duemila battute in tutto. Nel suo secondo discorso d’insediamento Sergio Mattarella torna a parlare di giustizia e segnatamente della riforma del Consiglio superiore della magistratura. Un intervento che ha scatenato la standing ovation del Parlamento, nonostante sia proprio a Montecitorio – in commissione giustizia – che è ancora bloccata la riforma di Palazzo dei Marescialli, in attesa del governo: mancano, ormai da mesi, gli emendamenti della ministra Marta Cartabia. Sarà un caso ma proprio stamattina il premier Mario Draghi ha incontrato la guardasigilli per discutere della riforma, che il capo dello Stato ha chiesto esplicitamente nel suo discorso. “Nell’inviare un saluto alle nostre Magistrature – elemento fondamentale del sistema costituzionale e della vita della nostra società –mi preme sottolineare che un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia. Per troppo tempo è divenuta un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività“, ha detto il capo dello Stato. Il riferimento è legato ovviamente agli scandali che hanno riguardato il mondo delle toghe, deflagrati nel maggio 2019 con l’inchiesta su Luca Palamara, che ha portato anche alle dimissioni di alcuni consiglieri togati di Palazzo dei Marescialli, coinvolgendo anche l’ex procuratore generale della Cassazione (poi assolto a Perugia). Due anni fa in tanti avevano chiesto un intervento di Mattarella, che da presidente del Csm avrebbe potuto azzerare il consiglio.

La richiesta del presidente – Il capo dello Stato ha preferito non arrivare a una decisione così estrema, visto che i consiglieri coinvolti nelle intercettazioni dell’inchiesta su Palamara hanno lasciato l’incarico. Mattarella, però, ha sempre fatto sentire la sua voce su questo fronte: più volte ha chiesto una riforma dell’ordinamento che limitasse la degenerazione delle correnti. “Nella salvaguardia dei principi, irrinunziabili, di autonomia e di indipendenza della Magistratura – uno dei cardini della nostra Costituzione – l’ordinamento giudiziario e il sistema di governo autonomo della Magistratura devono corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità, come richiesto a buon titolo dai cittadini”, ha ripetuto oggi il capo dello Stato davanti al Parlamento. Un passaggio che è ha scatenato una standing ovation, provocando entusiasmo soprattutto tra i banchi del centrodestra, schieramento da sempre sensibile all’argomento giustizia. E infatti Matteo Salvini – assente al giuramento dopo essere stato trovato positivo al Covid – ha fatto sapere di avere appludito soprattutto le frasi sulla magistratura. Pure Matteo Renzi ha sottolineato quel passaggio all’interno di 38 minuti di discorso.

Gratteri: “Il problema è come vengono tradotte le richieste di Mattarella” – Del resto le riforme della ministra Marta Cartabia sono piaciute parecchio alla parte destra della maggioranza del governo di Mario Draghi. Csm a parte, infatti, il Parlamento ha già dato il via libera a due disegni di riforma: quello sulla giustizia civile e quella sul processo penale. Quest’ultimo, soprattutto, ha scatenato roventi polemiche provenienti non solo dai ranghi della politica ma anche della stessa magistratura: introduce, infatti, il meccanismo della improcedibilità, che fa morire i processi d’Appello se non si concludono entro due o tre anni. Si riferisce probabilmente a questo il magistrato Nicola Gratteri, che – unendosi all’applauso a Mattarella – fa notare come il problema sia un altro e cioè “come vengono poi tradotte sul piano normativo le riforme auspicate dal presidente della Repubblica e auspicabili. Se le riforme che si stanno facendo o che si faranno saranno migliorative o peggiorative della situazione, sia per quanto riguarda il funzionamento della giustizia che la credibilità”.

La riforma del Csm bloccata in commissione – Superato il dibattito sulla riforma penale, l’intervento di Mattarella si è concentrato sulla terza riforma in tema di giustizia, ancora in discussione in commissione a Montecitorio: quella sul Csm. In questo senso si può dire che il Parlamento abbia applaudito la richiesta di una legge che da mesi è ferma alla Camera: il governo, infatti, deve ancora depositare i suoi emendamenti. Proprio in questo senso va letto il discorso di Mattarella: “È indispensabile che le riforme annunciate giungano con immediatezza a compimento affinché il Consiglio superiore della Magistratura possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, valorizzando le indiscusse alte professionalità su cui la Magistratura può contare, superando logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono rimanere estranee all’Ordine giudiziario. Occorre per questo che venga recuperato un profondo rigore“.

I dubbi dei magistrati sulla legge elettorale – Già negli ultimi mesi del suo primo mandato Mattarella ha chiesto di completare il progetto di riforma, prima che finisca l’attuale legislatura di Palazzo dei Marescialli. Oggi lo ha ricordato: “In sede di Consiglio Superiore ho sottolineato, a suo tempo, che indipendenza e autonomia sono principi preziosi e basilari della Costituzione ma che il loro presidio risiede nella coscienza dei cittadini: questo sentimento è fortemente indebolito e va ritrovato con urgenza”. Poi il presidente ha fatto cenno agli effetti creati dagli scandali interni al mondo delle toghe: “I cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l’Ordine giudiziario. Neppure devono avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la doverosa certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone. Va sempre avvertita la grande delicatezza della necessaria responsabilità che la Repubblica affida ai magistrati”. Quindi il capo dello Stato ha auspicato che la magistratura e l’avvocatura assicurino “che il processo riformatore si realizzi, facendo recuperare appieno prestigio e credibilità alla funzione giustizia, allineandola agli standard europei”. Oltre ad essere ancora bloccata in commissione, però, la riforma del Csm ha infatti scatenato polemiche all’interno del mondo della magistratura. In particolare la nuova legge elettorale che dovrebbe regolare l’elezione a Palazzo dei Marescialli – introducendo un sistema binominale con piccoli collegi – è stata bocciata dalla maggioranza di magistrati che ha votato al referendum organizzato dall’Anm. E pure da alcuni consiglieri togati del Csm come Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita. Il motivo? Secondo i due togati “farà sparire ogni possibile opposizione allo strapotere delle correnti che sottometteranno definitivamente i magistrati liberi che sono la maggioranza. Sarebbe il trionfo del correntismo e del bipolarismo che provocherà ulteriori spaccature e conflitti”. Lo stesso il concetto espresso da Gratteri: le richieste di Mattarella sono da applaudire, il problema è come vengono poi tradotte in legge dal Parlamento.

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Mattarella: “Indispensabile non comprimere i tempi del Parlamento nella valutazione degli atti del governo”

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