Cinema

Monica Vitti icona universale, la morte dell’attrice sulle principali testate internazionali: da Liberation al New York Times

“I suoi lineamenti taglienti e patrizi e il suo contegno gelido fornivano un contrappunto visivo e stilistico alla voluttà operaia delle principali attrici italiane dell'epoca, tra cui Sophia Loren e Anna Magnani” ha scritto il Nyt

di Davide Turrini

Monica Vitti icona del cinema universale. La scomparsa dell’attrice romana, interprete di alcuni tra i più popolari film italiani del dopoguerra, come Deserto Rosso e La ragazza con la pistola, è stata ripresa e commentata con grande trasporto da molte testate internazionali. L’omaggio più imponente è arrivato dal quotidiano francese Liberation, molto attento a ciò che accade nel mondo del cinema non solo del proprio paese. Nell’edizione cartacea in edicola Monica Vitti campeggia per tre quarti di prima pagina in una foto in bianco e nero tratta da L’Eclisse di Antonioni. Nel pezzo, tra le tante considerazioni, viene spiegato che “nella sua voce adulta traspare la dolorosa melanconia dell’autonomia femminile”.

Anche nel lungo articolo che Le Monde dedica alla scomparsa dell’attrice romana viene sottolineata questa velata tragicità della persona dietro a quella solare autoironia dell’interprete di tante commedie: “Questo temperamento anticonformista combina una fibra stravagante e impulsi suicidi”. Il più importante quotidiano spagnolo, El Mundo, spinge molto, con fare piuttosto scortese, sul tasto dell’autodistruzione: “Ha fatto propria la disperazione dei suoi personaggi cercando per ben quattro volte di togliersi la vita”. Già perché la Vitti a livello internazionale sembra come ancorata al cinema dell’incomunicabilità di Antonioni (L’avventura, La notte, L’eclisse, Deserto Rosso) lasciando parecchio da parte l’immensa carriera da commediante nei film di Scola, Salce, Monicelli, Campanile, Fondato, nonché con Buñuel ne Il Fascino discreto della borghesia.

Interessante il taglio antropologico che dà il New York Times nel suo lungo necrologio in home page per 24 ore. “I suoi lineamenti taglienti e patrizi e il suo contegno gelido fornivano un contrappunto visivo e stilistico alla voluttà operaia delle principali attrici italiane dell’epoca, tra cui Sophia Loren e Anna Magnani”. Analisi ineccepibile per i film dei primi anni sessanta che le fanno decollare la carriera, ma che nel pezzo del NYT sembrano l’unico fondamento di un approccio alla recitazione e al cinema immutabile, quando anche solo nell’Adelaide fioraia proletaria romanaccia nello splendido Dramma della Gelosia di Ettore Scola, la Vitti fa trasecolare sua maestà Magnani con pochi fotogrammi in mezzo all’immondizia con uno stralunato Marcello Mastroianni, proprio dedicandosi ad un personaggio comico agli antipodi delle donne antonioniane.

Anche il Guardian dedica molto spazio alla morte di Monica Vitti e oltre ad un lungo necrologio pubblica una ricca galleria fotografica dove vengono mostrati diversi fotogrammi di Dramma della gelosia, ottimo successo di pubblico nel mercato anglosassone, distribuito là con un titolo che scopriamo – capita a tutti non sapere qualcosa – stereotipatissimo: Il triangolo della pizza (Giannini, uno dei tre protagonisti è un pizzaiolo ndr). Allo stesso modo, per spiegare come ogni mondo è paese, la Vitti viene immortalata nella gallery con diversi fotogrammi tratti da un film che in Italia non ha visto nessuno – Modesty Blaise di Joseph Losey del 1966 – oltre ad un raro frammento di Una relazione quasi perfetta (1979) incursione poco nota della Vitti nella produzione hollywoodiana tout court.

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