Momento migliore: Elisa. Però bisogna dire un paio di cose su altrettanti momenti. Se la canzone di Giovanni Truppi sembra dispersiva e contorta è solo perché ci stiamo arrendendo alle note ribattute dei Sangiovanni. Sanremo è Sanremo, contempla solo il segno identico, non la complessità e il senso delle cose. Truppi è troppo per Sanremo, e scusate le allitterazioni. Poi: come acume di scrittura il pezzo “Poco ricco” di Checco Zalone è migliore di tutte le ventiquattro canzoni in gara.

Ma torniamo a Elisa. La musica del brano è molto bella, perché quando l’armonia e la melodia significano, a Sanremo, il testo ha spesso solo il compito di non fare danni. Elisa è una cantautrice matura nel pieno del gusto per il suo mestiere. Spero vinca.

Peggior momento: Tananai. Canzone dal contenuto incredibilmente debole. Lui si sforza di star dentro al contesto sanremese, ma non becca una nota che sia una e questo, nei pur brevi tre minuti e mezzo di una canzone, tende a irritare la pelle anche all’ascoltatore più accondiscendente.

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