È iniziata l’udienza preliminare davanti al gup di Brescia. Federica Brugnara, per Piercamillo Davigo e Paolo Storari imputati per rivelazione di segreto d’ufficio per il caso dei verbali di Piero Amara. Il giudice ha accolto la richiesta di essere parte civile presentata dal consigliere del Csm Sebastiano Ardita nei confronti dell’ex collega e ha respinto la richiesta di celebrare l’udienza preliminare a porte aperte avanzata dall’ex consigliere Davigo accusato con il pm Paolo Storari di rivelazione del segreto d’ufficio per in caso dei verbali di Piero Amara su una presunta loggia Ungheria. “Questa vicenda è di interesse pubblico e siccome io non ho nulla da nascondere pretendo l’udienza a porte aperte” aveva detto Davigo in una pausa dell’udienza preliminare.

I due magistrati, ex consigliere del Csm Davido e pm a Milano Storari, sono imputati per il caso della consegna dei verbali segretati di Piero Amara, ex avvocato esterno di Eni condannato per corruzione in atti giudiziari e indagato da più procure, sulla presunta loggia Ungheria che Storari consegnò a Davigo nell’aprile 2020 per “autotutelarsi” dalla presunta inerzia dei vertici della procura di Milano. Sul punto il gip di Brescia che ha archiviato l’indagine a carico dell’ex procuratore Greco ha detto che la procura non fu inerte.

“È evidente che qualunque cittadino ha il diritto che il proprio nome non venga fatto oggetto di divulgazione pubblica di notizie relative a una indagine finché quella indagine non trovi discovery e conclusione. Nel caso di specie, senza le condotte illecite compiute dai due imputati, Ardita non avrebbe subìto la massiva infamante divulgazione di quelle informazioni riservate” ha sostenuto nell’atto di costituzione di parte civile, l’avvocato Fabio Repici. La consegna dei verbali, e la successiva diffusione sulla stampa, avrebbero determinato “evidenti danni” ad Ardita. In particolare le condotte compiute da Davigo non solo sarebbero state commesse con ‘dolo’, “ma addirittura con il precipuo fine di screditare il ruolo istituzionale di consigliere del Csm rivestito da Ardita e la sua immagine personale e professionale”. L’esercizio dell’azione civile nei confronti di entrambi gli imputati è stata accolta dal gup di Brescia Federica Brugnara.

In base al capo di imputazione Davigo, difeso dall’avvocato Francesco Borasi, “consegnava, informalmente e senza alcuna ragione ufficiale, ma al solo scopo di motivare la rottura dei propri rapporti personali con il consigliere Sebastiano Ardita, copia degli atti in questione al consigliere del Csm Giuseppe Marra, dopo averlo informato del loro contenuto, incaricandolo di custodirli e di consegnarli al comitato di Presidenza, qualora glieli avesse richiesti”. Oltre a ciò avrebbe riferito a un altro componente del Consiglio Superiore della Magistratura, Ilaria Pepe, “sempre in assenza di una ragione ufficiale, ma per suggerirle di ‘prendere le distanze dal consigliere Ardita, il contenuto delle dichiarazioni rese” da Amara, “invitandola a leggerle; riferiva, in assenza di una ragione d’ufficio, al dichiarato scopo di ottenere un giudizio sull’attendibilità” di quei verbali che gli erano stati consegnati da Storari per “autotutelarsi”, a suo dire, dal rallentamento alle indagini voluto dai vertici della procura di Milano.

Secondo l’accusa avrebbe parlato, pur in modo confidenziale, delle dichiarazioni di Amara al senatore Nicola Morra ad altri consiglieri del Csm, come Giuseppe Cascini, Fulvio Gigliotti, Stefano Cavanna – al quale avrebbe detto che nell’indagine sulla presunta loggia era “coinvolto” Ardita- e il vice presidente David Ermini, al quale avrebbe dato “copia degli atti (…), al di fuori di qualunque ufficialità al punto che Ermini, ritenendo irricevibili quegli atti ed inutilizzabili le confidenze ricevute, immediatamente distruggeva detta documentazione”.

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