L’inflazione ha rialzato la testa da entrambi i lati dell’Atlantico. E, sia negli Usa sia in Europa, a pagare il conto sono soprattutto i lavoratori, i cui salari non riescono a stare al passo del carovita. Uno scenario che mette sotto pressione la Banca centrale europea: la governatrice Christine Lagarde, che finora aveva preferito temporeggiare, dopo la riunione del comitato esecutivo del 3 febbraio ha lasciato intendere che un aumento dei tassi di interesse già nel 2022 non è più fuori discussione. Se negli Stati Uniti la Fed si è orientata verso un graduale ma più deciso ritorno alla normalità il motivo va cercato in alcune differenze cruciali rispetto alla situazione europea. Nell’ambito della quale, però, l’Italia è più in difficoltà rispetto ad altri Paesi perché gran parte dell’aumento dei prezzi che si è registrato nella Penisola è stato determinato dai maggiori costi dell’energia piuttosto che da una vigorosa ripresa economica.
Negli Usa il boom della ripresa ha fatto aumentare le assunzioni e, con esse, i salari. Come auspicato dal presidente Joe Biden che, alle imprese che lamentavano di non trovare manodopera, aveva consigliato: “Pay them more”. L’employment-cost index, che misura la spesa dei datori in stipendi e benefit, è aumentato del 4% nel 2021, il dato più alto dal 2001, anno in cui l’indice è stato calcolato per la prima volta. L’altra faccia della medaglia, oltre al fatto che secondo il Dipartimento del lavoro americano l’indicatore mostra già dei segnali di rallentamento, è che la crescita non è stata sufficiente per star dietro al forte aumento dell’inflazione. Come in Italia, dove a fronte di un pil rimbalzato lo scorso anno del 6,5% e di un’inflazione annua all’1,9% gli aumenti dei salari orari – che riguardano comunque solo le categorie oggetto di rinnovi contrattuali – si sono fermati a un magro +0,6%.
Intanto i prezzi galoppano: in Eurozona l’inflazione ha segnato a gennaio un +5,1% (in Italia +4,8%). Davanti a questo scenario in molti, soprattutto in Germania, hanno lanciato l’allarme invocando un intervento tempestivo della Bce. A Francoforte la scelta della Lagarde è stata finora quella di procedere con prudenza, evitando mosse affrettate. Forse memore degli errori del 2011, quando il timore dell’inflazione spinse l’allora numero uno della Bce Trichet a varare una stretta monetaria che affossò la debole ripresa economica. Ma la prima di riunione di febbraio ha segnato un cambio di passo, con il riconoscimento che l’inflazione “rimarrà alta per più tempo previsto” anche se “diminuirà nell’anno”.
Cosa c’è di diverso negli Usa? L’impennata dei prezzi è dovuta agli stessi fattori: rimbalzo della produzione rispetto al 2020, difficoltà di approvvigionamento, aumenti dei costi di materie prime ed energia, tra gli altri. Ma negli Stati Uniti la situazione è diversa per due ragioni. La prima è il poderoso stimolo fiscale da 6mila miliardi di dollari, quasi il 30% del pil, varato da Biden, intervento che ha dato una spinta fortissima a consumi e investimenti. Il +5,7% messo a segno dal pil Usa nel 2021, infatti, si è riverberato sull’inflazione. L’indice dei prezzi al consumo è aumentato più che nell’area euro, toccando il picco del 7% a dicembre, valore più alto dall’82, e superando addirittura la pur robusta crescita dei salari (+4,7%).
La seconda ragione è il diverso andamento dell’inflazione core, il faro delle decisioni della Banca centrale americana. Dal calcolo di questo indicatore sono esclusi beni molto volatili come energia e alimentari: un suo incremento sostenuto è dunque sintomo di un persistente surriscaldamento dell’economia. Visti i dati, che hanno registrato un aumento del 4,9% dell’inflazione core nel 2021, ben al di là del target del 2,5%, la Fed è corsa ai ripari, con l’annuncio di ripetuti rialzi dei tassi per quest’anno. Il pericolo da scongiurare è quello di una rincorsa tra salari e prezzi dagli esiti imprevedibili.
D’altra parte, i timori di una spirale inflattiva sono stati confermati dai dati di dicembre sul mercato del lavoro americano. Le già rosee previsioni degli analisti sono state superate: 10,9 milioni le nuove posizioni aperte, 1,7 ogni disoccupato. E a gennaio l’occupazione è cresciuta di 467.000 posti contro i 150mila previsti. In un contesto simile, con un mercato del lavoro che va a gonfie vele, le pressioni sulle imprese per aumentare gli stipendi sono inevitabili. Situazione ben diversa da quella europea dove, a fronte di Paesi che hanno ormai recuperato il terreno perso durante la pandemia, ce ne sono altri che ancora boccheggiano. A trovarsi in difficoltà è l’Italia. Diversamente da quanto avvenuto nell’area euro, dove l’inflazione core ha segnato un +2,6%, nel nostro Paese l’indicatore si è fermato all’1,5%. Ciò significa che gran parte dell’aumento dei prezzi che si è registrato in Italia è stato determinato dai maggiori costi dell’energia piuttosto che da una vigorosa ripresa economica. Inoltre, l’inflazione core ha già superato la soglia del 2% prevista dallo Statuto della Bce, suscitando forti malumori tra i membri più intransigenti del board dell’Istituto. Insomma: la fine dell’èra dei tassi zero sembra vicina.
Economia
Inflazione, perché ora la Bce è sotto pressione. Negli Usa il maggior aumento salariale dal 2001 e la Fed torna verso la normalità
Dall'altro lato dell'Atlantico la crescita dei prezzi è stata innescata anche dal poderoso stimolo fiscale varato da Biden, che ha spinto consumi e investimenti. Per questo è salita moltissimo anche l'inflazione core, da cui sono esclusi beni molto volatili come energia e alimentari. In Italia, diversamente da quanto avvenuto nell'area euro, l'indicatore si è fermato all'1,5%: gran parte dell'aumento dei prezzi è stato determinato dai maggiori costi dell'energia piuttosto che da una vigorosa ripresa
L’inflazione ha rialzato la testa da entrambi i lati dell’Atlantico. E, sia negli Usa sia in Europa, a pagare il conto sono soprattutto i lavoratori, i cui salari non riescono a stare al passo del carovita. Uno scenario che mette sotto pressione la Banca centrale europea: la governatrice Christine Lagarde, che finora aveva preferito temporeggiare, dopo la riunione del comitato esecutivo del 3 febbraio ha lasciato intendere che un aumento dei tassi di interesse già nel 2022 non è più fuori discussione. Se negli Stati Uniti la Fed si è orientata verso un graduale ma più deciso ritorno alla normalità il motivo va cercato in alcune differenze cruciali rispetto alla situazione europea. Nell’ambito della quale, però, l’Italia è più in difficoltà rispetto ad altri Paesi perché gran parte dell’aumento dei prezzi che si è registrato nella Penisola è stato determinato dai maggiori costi dell’energia piuttosto che da una vigorosa ripresa economica.
Negli Usa il boom della ripresa ha fatto aumentare le assunzioni e, con esse, i salari. Come auspicato dal presidente Joe Biden che, alle imprese che lamentavano di non trovare manodopera, aveva consigliato: “Pay them more”. L’employment-cost index, che misura la spesa dei datori in stipendi e benefit, è aumentato del 4% nel 2021, il dato più alto dal 2001, anno in cui l’indice è stato calcolato per la prima volta. L’altra faccia della medaglia, oltre al fatto che secondo il Dipartimento del lavoro americano l’indicatore mostra già dei segnali di rallentamento, è che la crescita non è stata sufficiente per star dietro al forte aumento dell’inflazione. Come in Italia, dove a fronte di un pil rimbalzato lo scorso anno del 6,5% e di un’inflazione annua all’1,9% gli aumenti dei salari orari – che riguardano comunque solo le categorie oggetto di rinnovi contrattuali – si sono fermati a un magro +0,6%.
Intanto i prezzi galoppano: in Eurozona l’inflazione ha segnato a gennaio un +5,1% (in Italia +4,8%). Davanti a questo scenario in molti, soprattutto in Germania, hanno lanciato l’allarme invocando un intervento tempestivo della Bce. A Francoforte la scelta della Lagarde è stata finora quella di procedere con prudenza, evitando mosse affrettate. Forse memore degli errori del 2011, quando il timore dell’inflazione spinse l’allora numero uno della Bce Trichet a varare una stretta monetaria che affossò la debole ripresa economica. Ma la prima di riunione di febbraio ha segnato un cambio di passo, con il riconoscimento che l’inflazione “rimarrà alta per più tempo previsto” anche se “diminuirà nell’anno”.
Cosa c’è di diverso negli Usa? L’impennata dei prezzi è dovuta agli stessi fattori: rimbalzo della produzione rispetto al 2020, difficoltà di approvvigionamento, aumenti dei costi di materie prime ed energia, tra gli altri. Ma negli Stati Uniti la situazione è diversa per due ragioni. La prima è il poderoso stimolo fiscale da 6mila miliardi di dollari, quasi il 30% del pil, varato da Biden, intervento che ha dato una spinta fortissima a consumi e investimenti. Il +5,7% messo a segno dal pil Usa nel 2021, infatti, si è riverberato sull’inflazione. L’indice dei prezzi al consumo è aumentato più che nell’area euro, toccando il picco del 7% a dicembre, valore più alto dall’82, e superando addirittura la pur robusta crescita dei salari (+4,7%).
La seconda ragione è il diverso andamento dell’inflazione core, il faro delle decisioni della Banca centrale americana. Dal calcolo di questo indicatore sono esclusi beni molto volatili come energia e alimentari: un suo incremento sostenuto è dunque sintomo di un persistente surriscaldamento dell’economia. Visti i dati, che hanno registrato un aumento del 4,9% dell’inflazione core nel 2021, ben al di là del target del 2,5%, la Fed è corsa ai ripari, con l’annuncio di ripetuti rialzi dei tassi per quest’anno. Il pericolo da scongiurare è quello di una rincorsa tra salari e prezzi dagli esiti imprevedibili.
D’altra parte, i timori di una spirale inflattiva sono stati confermati dai dati di dicembre sul mercato del lavoro americano. Le già rosee previsioni degli analisti sono state superate: 10,9 milioni le nuove posizioni aperte, 1,7 ogni disoccupato. E a gennaio l’occupazione è cresciuta di 467.000 posti contro i 150mila previsti. In un contesto simile, con un mercato del lavoro che va a gonfie vele, le pressioni sulle imprese per aumentare gli stipendi sono inevitabili. Situazione ben diversa da quella europea dove, a fronte di Paesi che hanno ormai recuperato il terreno perso durante la pandemia, ce ne sono altri che ancora boccheggiano. A trovarsi in difficoltà è l’Italia. Diversamente da quanto avvenuto nell’area euro, dove l’inflazione core ha segnato un +2,6%, nel nostro Paese l’indicatore si è fermato all’1,5%. Ciò significa che gran parte dell’aumento dei prezzi che si è registrato in Italia è stato determinato dai maggiori costi dell’energia piuttosto che da una vigorosa ripresa economica. Inoltre, l’inflazione core ha già superato la soglia del 2% prevista dallo Statuto della Bce, suscitando forti malumori tra i membri più intransigenti del board dell’Istituto. Insomma: la fine dell’èra dei tassi zero sembra vicina.
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Mosca, 19 feb. (Adnkronos) - "E' necessario ripulire l'eredità dell'amministrazione Biden, che ha fatto di tutto per distruggere anche i primi accenni alle fondamenta stesse di una partnership a lungo termine tra i nostri Paesi". Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov parlando alla Duma all'indomani dei colloqui di Riad, commentando la possibilità di una cooperazione strategica tra Russia e Stati Uniti e aggiungendo che potrebbero essere create le condizioni per colloqui sulla sicurezza e sulla stabilità strategica tra i Paesi.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Il partito di Giorgia Meloni é nei guai fino al collo e la maggioranza spaccata platealmente come dimostra la dissociazione di Forza Italia dalla conferenza stampa dei suoi alleati. Dagli assetti europei alla guerra in Ucraina allo spionaggio con Paragon, dalle parti di Fratelli d’Italia non sanno dove girarsi e allora attaccano l’ex presidente Conte. Era evidente fin dall’inizio l’intento da parte della destra di usare a fini politici la commissione parlamentare sul Covid, ora il re è nudo”. Così Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - “Stamane alcuni ragazzi sulle scale di Montecitorio hanno gettato dei sacchetti con del cibo che la Gdo cestina ogni giorno per richiamare la nostra attenzione sul Giusto Prezzo e sul fatto che il cibo di qualità sia un privilegio per pochi, al contrario di quello che il Ministro dell’agricoltura Lollobrigida sostiene". Così il capogruppo Pd in commissione Agricoltura e segretario di Presidenza della Camera
"Mentre solo pochi giorni fa dichiaravano sullo spreco alimentare e sull’importanza di evitarlo, oggi che fanno i Presidenti di Camera e Senato? Fontana li accusa di atti vandalici e La Russa lo ha definito un atto vile. Ma ci rendiamo conto? Questi sarebbero atti vili e vandalici? E cosa facciamo noi per alleviare le sofferenze di quei produttori che nonostante l’inflazione e il caro prezzi non ricevono soldi in più? Cosa facciamo per quei consumatori costretti a rinunciare a proteine e carboidrati, al cibo sano e sostenibile perché troppo costoso? E soprattutto cosa diciamo a dei ragazzi che ci richiamano con parole pulite e striscioni corretti a dare delle risposte concrete senza offendere nessuno?".
"La maggioranza e il governo, il ministro Lollobrigida che oggi attendiamo in Aula dovrebbero rispondere su questo non offendere dei giovani innocenti che si preoccupano giustamente del nostro e loro futuro!”.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Picierno è una signora che ogni mattina si sveglia pensando a una sciocchezza da dire sul Movimento 5 Stelle. Picierno è un'infiltrata dei fascisti nella sinistra. Chiede più guerra, più armi, più povertà, più morti: non ha nulla a che vedere con la sinistra. E' un'infiltrata dei fascisti. Cosa ha in comune con la sinistra chi chiede più armi e più povertà? Picierno lo chiede in ogni situazione". Lo ha detto l'eurodeputato M5S, Gaetano Pedullà, a L'Aria che Tira su La7.
Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - E' stato solo momentaneo lo stop della colata lavica di ieri pomeriggio sull'Etna. Come conferma all'Adnkronos Giuseppe Salerno, dell'Osservatorio etneo dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, "la colata lavica è attiva" e prosegue, "e attualmente c'è una eruzione in corso". La colata lavica continua così ad avanzare lentamente lungo il fianco occidentale dell'Etna in direzione Sud-Ovest, attestandosi intorno a 1.800 metri di quota.
Intanto, sui paesini intorno al vulcano continua a 'piovere' cenere lavica. È l'effetto dell'eruzione sommitale in corso sul vulcano attivo più alto d'Europa con una bocca effusiva che si è aperta, l'8 febbraio scorso, a quota 3.050 metri, alla base del cratere Bocca Nuova.
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - "Non so se è chiara la gravità di quello che sta accadendo, ma temo proprio di no. Provo a mettere brevemente in fila i fatti per spiegarlo". Lo scrive Matteo Orfini del Pd sui social.
"Come noto, un software spia (Graphite, prodotto dalla azienda Paragon) è stato utilizzato per spiare attivisti politici e giornalisti come il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato. Quando è emersa la notizia il governo ha negato ogni responsabilità. Ul Guardian ha scritto che a causa dell'uso improprio l'azienda Paragon aveva sospeso il contratto col nostro paese. Il ministro Ciriani ha detto in parlamento che non era vero, e che il software era ancora pienamente operativo. Due giorni dopo le dichiarazioni di Ciriani una nota del governo comunicava la sospensione dell'uso del software stabilita d'intesa con la società che lo produce per consentire approfondimenti sulle violazioni. In realtà a quanto pare la sospensione è stata voluta dalla società produttrice a fronte di un uso improprio del software (quindi Ciriani aveva mentito al Parlamento)".
"Ma chi è in possesso del software? I servizi segreti e le varie polizie giudiziarie che operano per conto delle procure. I servizi hanno smentito risolutamente di aver utilizzato illegalmente il software per spiare giornalisti. Le procure possono utilizzarlo solo per reati gravissimi e onestamente pare assai poco realistico che il direttore di Fanpage sia sotto indagine per terrorismo internazionale. Resta dunque una sola ipotesi, ovvero che sia stato utilizzato illegalmente e autonomamente da un corpo di polizia giudiziaria. Ma quale? Praticamente tutti i corpi di polizia hanno smentito di aver utilizzato lo spyware per intercettare giornalisti e attivisti. A parte uno: la polizia penitenziaria".
"Le opposizioni hanno chiesto chiarimenti al governo che non ha risposto. Oggi alla Camera era previsto il question time, ovvero la sessione in cui i gruppi parlamentari interrogano il governo e i ministri hanno l'obbligo di rispondere. Pd e Iv avevano previsto di chiedere se la polizia penitenziaria avesse accesso o meno allo spyware in questione. Il quesito era stato ritenuto ammissibile dalla presidenza della Camera. Ieri il governo ha fatto sapere che non intende rispondere perché le informazioni sono "classificate", ovvero non divulgabili".
"E' falso -prosegue Orfini-, perché non c'è nulla di classificato nel rispondere si o no a una domanda semplice e trasparente come quella che abbiamo fatto. Sapere se la penitenziaria ha in dotazione il software è una domanda lecita a cui basta rispondere si o no. La polizia penitenziaria dipende dal ministero di giustizia di Nordio. E la delega specifica la ha Delmastro. Voi capite che visti i precedenti dei due la vicenda diventa ancora più inquietante. Un software in dotazione al governo è stato utilizzato illegalmente per spiare giornalisti e attivisti".
"Il governo invece di fare chiarezza e difendere chi è stato spiato illegalmente, sta utilizzando tutti gli strumenti possibili per insabbiare questa vicenda gravissima. E per evitare di rispondere. Il che, in tutta onestà, non fa che aumentare i dubbi e i sospetti. Ah, ovviamente la Meloni è sparita anche in questo caso".
Seul, 19 feb. (Adnkronos/Dpa/Europa Press) - Le autorità di Seul si sono dette disponibili ad accogliere i soldati nordcoreani che sono stati catturati sul territorio ucraino mentre combattevano assieme alle truppe russe e che intendono disertare. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri della Corea del Sud in un comunicato in cui precisa che "i soldati nordcoreani sono cittadini sudcoreani secondo la Costituzione. Rispettare la volontà di questi individui è conforme al diritto internazionale".
Secondo le ultime informazioni, numerosi soldati nordcoreani sono rimasti feriti durante il conflitto, dopo essere stati schierati a sostegno della Russia nel quadro dell’accordo di difesa strategica raggiunto l’anno scorso tra il presidente russo Vladimir Putin e il leader nordcoreano Kim Jong Un. Le autorità ucraine hanno annunciato la cattura di due soldati nordcoreani che combattevano a fianco delle truppe russe nella provincia russa di Kursk, dove Kiev ha lanciato un'operazione militare l'estate scorsa. Il governo di Kiev ha proposto di restituirli alla Corea del Nord nel caso Pyongyang fosse disposta a facilitare uno scambio con i soldati ucraini attualmente detenuti in Russia.
Da parte sua, il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha stimato che circa 4.000 soldati nordcoreani siano stati uccisi o feriti a Kursk, anche se il numero non è stato verificato. L'annuncio del governo sudcoreano arriva dopo che un soldato ha dichiarato in un'intervista al quotidiano 'Chosun Ilbo' l'intenzione di chiedere asilo alla Corea del Sud. Il ministero sostiene adesso che "non dovrebbero essere rimandati in un luogo dove potrebbero essere perseguitati".