Premessa: non guardo il festival di Sanremo perché mi annoia; sembra una sorta di Grande Fratello musicale dove si è sempre alla ricerca dello scandalo dimenticando il vero obiettivo: la musica. La manifestazione all’Ariston è la più riuscita distrazione di massa degli italiani. Detto ciò, per chi fa il mio mestiere, è inevitabile non seguire la cronaca del Festival attraverso i social e i quotidiani. Ciò che mi ha colpito è lo stupore per la presenza e le parole di un’attrice di origini senegalesi.

Sapere che in Italia, nel 2022, in molti si meravigliano ancora che una ragazza di origine senegalese stia su quel palco e legga frasi contro il razzismo è allucinante: è il simbolo e la conferma di un Paese ignorante e di un festival che sa bene approfittare della sottocultura di molti dei suoi spettatori. Sia chiaro, Lorena Cesarini ha fatto il suo dovere, nulla da rimproverarle. E’ invece assurdo che in questo nuovo secolo si resti a bocca aperta per la scelta di “Ama” di avere al suo fianco, per una sera, questa attrice, laureata in storia contemporanea.

L’apparizione di una donna di origine senegalese sul palco è stata vissuta come una grande decisione, un atto di umanità, una vera e propria rivoluzione. Un Paese civile e veramente interculturale avrebbe Lorena Cesarini al posto di Amadeus. E invece, non è così. Quante conduttrici di origine africana o asiatica conoscete in Italia? Sfido a trovarne più di tre-quattro. Non solo. Lorena Cesarini dal palco di Sanremo ha letto una parte del bellissimo libro Il razzismo spiegato a mia figlia di Tahar Ben Jelloun. Non mi interessa per nulla parlare dell’emozione della Cesarini; di come ha letto. Ciò che mi fa riflettere è che gli italiani siano rimasti improvvisamente conquistati dalle parole contro il razzismo pronunciate da una bellissima ragazza di origine senegalese, vestita in maniera elegante. Per una sera, ecco un’Italia antirazzista; un’Italia che sta con Lorena; un’Italia che si scopre diversa grazie a mamma Rai e ad Ama che, “finalmente”, sembrano dar voce a tutti i migranti attraverso una donna che migrante non è.

Finito il festival, poi, si torna a votare la Lega di Salvini, ad applaudire alle parole di Matteo contro gli sbarchi dei “fratelli e delle sorelle” africane di Lorena; a scansare sul bus la ragazza nera che sale con il passeggino; a pensare che “però ci rubano le case popolari” e magari “pure il lavoro a nostro figlio”. Ma questa è un’altra storia. Come durante le Olimpiadi ogni guerra era sospesa, così durante il Festival non è tempo di dire le cose come stanno. Perché Sanremo è Sanremo. E l’Italia è sempre l’Italia. Non cambia l’uno e nemmeno l’altra.

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