di Vincenzo Califano
La resa dei conti in seno al Movimento 5 Stelle è un passaggio obbligato che rischia, però, di mettere fuori dai giochi Giuseppe Conte.
L’interesse alla scissione appartiene evidentemente alla prospettiva di Luigi Di Maio consapevole di due circostanze: il brand 5Stelle è ormai logoro e destinato a una debacle elettorale a prescindere da chi lo guiderà; la permanenza nei 5Stelle del Ministro degli Esteri significa per lui accettarne la prima regola che è quella della non ricandidabilità per un terzo mandato. Per questo, sull’esempio di Matteo Renzi, ha tutto l’interesse a fomentare la scissione e a dar vita a una nuova forza politica dove è lui il padre-padrone, libero di giocarsi tutte le partite che vuole fino alle elezioni del 2023 e a seguire.
Conte leader di un M5S scisso e privo di qualunque attrattiva presso gli elettori è quindi destinato a intestarsi il futuro insuccesso elettorale facendo la gioia dei suoi tanti, troppi, avversari che ne desiderano non la caduta, ma la scomparsa, reo di godere di una popolarità che altri non hanno.
Conte lasci a Giggino la patata bollente del suo M5S e guardi al Paese con chi, come lui, ha ancora credito sufficiente per proporre una novità e intercettare quell’astensionismo gigantesco che oggi rappresenta, percentualmente, il primo partito d’Italia ed è alla ricerca di una rappresentanza affidabile per tornare a recarsi alle urne.
Per quanto riguarda Di Maio vale sempre il “De rustica progenie, semper villana fuit”. Lo tenga a mente il Presidente Conte e non commetta un altro errore, ché sarebbe fatale!