di Michele Sanfilippo
La recente elezione del capo dello Stato è l’ennesimo segnale della crisi delle democrazie rappresentative – che senza dubbio è un fenomeno planetario, ma in Italia è ulteriormente aggravato da un vero ricambio politico.
Ogni volta che s’affaccia una possibile alternativa politica questa viene frenata dal potente capitalismo nostrano, che per molti anni ha goduto di ingenti finanziamenti pubblici, garantiti da una politica compiacente in cambio di buona stampa e finanziamenti più o meno occulti. Per fare un esempio concreto (ma se ne potrebbero fare mille altri) di come la politica ha favorito il capitalismo in Italia, rimando a questo efficace data room dell’insuperabile Milena Gabanelli sulla Telecom.
A frenare ulteriormente ogni possibile cambiamento hanno provveduto i partiti che hanno paralizzato il potere decisionale del parlamento con leggi elettorali impresentabili (Porcellum, Rosatellum e chissà cos’altro vedremo). Il Porcellum, per esempio, in un regime di bicameralismo perfetto ha introdotto una legge elettorale che prevedeva meccanismi elettivi diversi tra una camera e l’altra: garanzia di paralisi.
Non so se la politica non capisca, o capisca benissimo, ma questa incapacità di decidere fa crescere ovunque, ma soprattutto nelle fasce più deboli e meno tutelate della società (non è un caso che il Pd sia diventato il partito della Ztl), una gran voglia di un uomo forte. A mio avviso, prima che questo avvenga, ci sono alcune semplici cose che si possono fare:
1. una legge elettorale efficace (la legge per l’elezione dei sindaci, il cosiddetto “doppio turno alla francese” ha dimostrato di funzionare benissimo);
2. l’eliminazione dei listini bloccati (che siano gli elettori ad eleggere i candidati e non le segreterie dei partiti);
3. una legge perché gli editori siano editori puri.
E speriamo di essere ancora in tempo.