“Tolti 360 euro dal reddito. Io sono invalido al 74% e non ho nessuna maggiorazione, ma faccio nucleo con mia sorella invalida al 100% che l’ha avuta”. “Mia madre invalida, con pensione di reversibilità di 690 euro, questo mese ha avuto sulla card del reddito un accredito di 89 euro contro gli abituali 220″. “Ricevo il reddito e ho pensione di invalidità con maggiorazione sociale. Mi hanno decurtato 400 euro di rdc su 500“. “Per la prima volta ho ricevuto la maggiorazione, ma il risultato è che prendo meno di prima perché mi hanno tolto 400 euro a fronte di un aumento di 350″. Sono alcuni dei racconti inviati al fattoquotidiano.it o pubblicati su facebook da persone che a fine gennaio hanno avuto dall’Inps una sgradita sorpresa: l’accredito mensile del reddito di cittadinanza ridotto di centinaia di euro o addirittura azzerato. La beffa è che a subire la decurtazione sono, tra gli altri, gli invalidi civili totali e gli inabili al lavoro che dopo la sentenza della Corte costituzionale del giugno 2020 si erano visti finalmente riconoscere un aumento del trattamento assistenziale versato dall’istituto da 285 a 651 euro, livello considerato minimo per soddisfare i bisogni primari.
Dopo le proteste delle associazioni impegnate per i diritti delle persone con disabilità, che chiedono interventi per rimediare a quella che giudicano l’ennesima ingiustizia, il senatore Riccardo Nencini (Psi) ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro del Lavoro dem Andrea Orlando per chiedere se non ritenga “doveroso prevedere un intervento normativo” per correggere la rotta, evitando che gli effetti positivi della decisione della Consulta risultino di fatto annullati. Perché se da un lato l’assegno di invalidità si appesantisce, dall’altro arriva un taglio. Con impatto pesantissimo per famiglie in condizione di disagio economico e con un componente invalido. Una questione di giustizia sociale che si intreccia con le priorità politiche, perché la decurtazione a danno di categorie deboli stride a dir poco con l'”agenda Mattarella“, incentrata sulla dignità e il contrasto a povertà e disuguaglianze, che il segretario Pd Enrico Letta vorrebbe trasformare in un cronoprogramma per l’ultimo anno di legislatura.
Ma da cosa dipende il ricalcolo? Le modifiche inserite nella legge di Bilancio – e ritenute pessime da chi si occupa di contrasto alla povertà – in questo caso non c’entrano. Tutto dipende, secondo un messaggio Inps pubblicato il 3 febbraio, dall’applicazione del decreto legge del 2019 che ha istituito il rdc. In base all’articolo 2, il reddito familiare di cui si tiene conto nel determinare l’importo del sussidio “è determinato (…) inclusivo del valore annuo dei trattamenti assistenziali in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare”. Il valore dei trattamenti ricevuti va periodicamente verificato, ma finora l’istituto aggiornava solo i dati su assegno di maternità, assegno per il nucleo familiare e pensione ed assegno sociale. Da gennaio, con il parere favorevole del ministero del Lavoro, ha iniziato a prendere in considerazione anche le maggiorazioni dell’assegno sociale e dell’aumento della pensione sociale, la maggiorazione sociale per invalidi civili totali, ciechi civili assoluti, sordomuti ed inabili al lavoro e le quattordicesime. Nulla cambia invece per l‘Isee, che è riferito a due anni prima e in cui “continua a non rilevare alcun trattamento percepito in ragione della condizione di disabilità”. Pure su questo, a dire il vero, non è mancato il pasticcio: a fine gennaio è emerso che l’Inps stava erroneamente conteggiando ai fini Isee gli aumenti agli invalidi. Per risolvere il problema è stata necessaria la mobilitazione di alcune associazioni.
Resta da vedere se anche stavolta si troverà una soluzione. Per ora, l’effetto degli incrementi riconosciuti a partire dal 2020è che il reddito familiare risulta più alto e la quota di reddito di cittadinanza riconosciuta al percettore cala. Anche di molto. “Possono verificarsi variazioni nell’importo della rata della prestazione Rdc/Pdc rispetto a quanto percepito in precedenza, in particolare nelle situazioni in cui sono superate le soglie previste dalla norma, decadenza dal beneficio, reiezione della domanda presentata in fase di prima istruttoria”, ammette l’istituto. Per ora né dal ministero del Lavoro né da quello della Disabilità retto da Erika Stefani – a cui anche ilfattoquotidiano.it ha chiesto un commento, senza ottenere risposte – sono arrivate rassicurazioni.