Dalla (finta) modella di Guttuso in Night Club al (vero) striptease per lo scudetto della Roma, dalla commedia intelligente di Paolo Virzì ai film impegnati sulle coppie lesbiche fino all’Oscar con Sorrentino. Sabrina Ferilli attrice, icona e oggetto del desiderio degli italiani anni novanta, pasionaria e di sinistra, grillina versione Virginia Raggi, “fisico troppo italiano” (glielo dissero al Centro Sperimentale nella non ammissione), giudice di Amici e Tu si que vales, torna a Sanremo dopo aver affiancato Pippo Baudo nel 1996 (l’anno della Terra dei cachi di Elio e le Storie Tese). La classe è quella del ‘64, il luogo di provenienza e di svezzamento all’età adulta è Fiano Romano. Mamma Ida casalinga, il padre Giuliano dirigente locale del PCI e un milieu di provincia che la ricorda da sempre come solare e piena di iniziativa. La passione della recitazione e dell’esibizione oltretutto passa da adolescente addirittura dalle stanze del partito adibite casualmente a palco teatrale. L’Unità, il quotidiano, consegnato porta a porta la domenica, poi i lavoretti materiali per campare da ragazza: commessa in un ferramenta, centralinista per una ditta di pulizie a Roma. Amica del grande regista Giuseppe De Santis tenta fortuna al Centro Sperimentale a metà anni ottanta, ma nulla, come si diceva, è “troppo italiana”.
Inizia allora la gavetta e prima di un vero e proprio personaggio come quello interpretato in Night Club di Sergio Corbucci, la ritroviamo vampissima ne Il Volpone di Ponzi con Montesano ed Enrico Maria Salerno, prostituta affamata di zuppa alla locanda ne I picari di Monicelli. Poi ecco la modella annoiata di Guttuso nella commedia di Corbucci e finalmente un maestro come Marco Ferreri che la affianca a Jerry Calà in Diario di un vizio nel 1993. Parte mica da ridere, amorale, schiva, bollentemente gelida come tutti personaggi femminili di Ferreri, e soprattutto spogliata di vestiti e veli. Il film è in Concorso addirittura al Festival di Berlino e le cronache dell’epoca lodano quasi più Sabrina di Jerry. A quel punto inizia la discesa verso il successo. A concedere già l’apice della carriera mescolando il “comunismo” Ferilli e l’evoluzione complessa di un personaggio non solo di contorno per gli uomini è Virzì con La bella vita (1994) dove Ferilli interpreta la cassiera Mirella, sposata con un operaio in crisi, irretita da Gerry Fumo, omuncolo di una tv locale che la illude di un futuro radioso oltre le differenze di classe.
Virzì si divertirà ulteriormente due anni dopo con Ferie d’agosto, ribaltando Sabrinona tra i caciaroni e volgari “generoni romani” che disturbano la villeggiatura a Ventotene del gruppo di intellettuali di sinistra capitanati da Silvio Orlando. Ferilli inizierà così a lavorare in diverse commedia popolari per la regia di Alessandro Benvenuti, o ne Il signor quindici palle di Nuti, e ancora in cinepanettoni d’annata per un lustro abbondante nei primi anni duemila. Il colpo di reni al cinema arriva quando interpreta Ramona, una burinona che ha una relazione con Gambardella/Servillo, ne La grande bellezza che poi guadagnrà l’Oscar come miglior film straniero nel 2013. L’anno successivo interpreta con Margherita Buy, Io e lei di Maria Sole Tognazzi, con una coppia lesbica protagonista, tema abbastanza inusuale per il cinema italiano. In mezzo però c’è tanta tv e tanto teatro (il Rugantino tra il 1998 e il 2001 che ne amplifica la popolarità romanesca). Poi due mariti (l’avvocato Angelo Perone e il manager Flavio Cattaneo), la Roma giallorossa per la quale promette, appunto, uno spogliarello, in caso di scudetto (e mantiene la promessa nel 2001 davanti a decine di migliaia di tifosi al Circo Massimo), e ancora l’amata politica per la quale passa dall’amore incondizionato per D’Alema alla vicinanza con una donna, Virginia Raggi. A febbraio sarà protagonista della nuova commedia di Pieraccioni, Il sesso degli angeli.